Sono stato spinto a ricercare notizie sulla famiglia paterna dai generici racconti che mio padre mi faceva da bambino sul suo nonno svizzero, che lui aveva conosciuto e che si chiamava Amanzio, e su sua nonna, il cui nome era Vittoria, che invece era di Vallo della Lucania. Per cercare notizie ho consultato il portale Antenati, altri documenti in rete sull’esercito del Regno delle Due Sicilie, e il fondo Libretti di vita e costume dei militari del Regno delle Due Sicilie, conservato presso la sede distaccata di Pizzofalcone dell’Archivio di Stato di Napoli. Dalle mie ricerche ho ricavato le seguenti notizie.
Il mio trisavolo Amante Kohler nacque a Messen, nel Cantone di Soletta (Svizzera) l’11 marzo 1820. Nel 1840 circa venne a Napoli e si arruolò nell’esercito delle Due Sicilie.
Dagli atti consultati risulta che fu un ufficiale, 1° tenente del Reggimento dei Veterani Svizzeri, che partecipò a diverse campagne militari ed ebbe anche due decorazioni di guerra. Il suo nome risulta anche a pagina 430 dell’Almanacco Reale del Regno delle Due Sicilie stampato nel 1857, dove si conferma che fu ufficiale, prima del 2º Reggimento Svizzero “de Sury d’Aspermont” e successivamente, durante la campagna del 1860-61, del Reggimento dei Veterani Svizzeri.
Dall’estratto del foglio matricolare risulta anche che alla fine del 1858 aveva due figli ed era sposato. Sua moglie era la marchesa Teresa Andreassi, nata a Napoli il 20 settembre 1823, di cui sono riuscito a individuare l’atto di nascita. Amante Kohler morì a Gaeta il 15 marzo 1861, due giorni prima della proclamazione del Regno d’Italia, al termine dell’assedio della città da parte dei Piemontesi; aveva partecipato anche alla battaglia del Volturno.
Morì probabilmente di tifo o per le ferite riportate. Su Antenati ho individuato il suo atto di morte. Dei suoi due figli ho trovato notizie solo di uno, Amanzio Kohler, il mio bisnonno che, da un atto di nascita di una sua figlia Ersilia, intuisco che fosse nato nel 1858 o 1857, in quanto dichiara di avere 38 anni nel 1896. So che la sua professione era usciere di banca, e dai racconti di mio padre, la banca potrebbe essere l’American Express, filiale di Napoli. Si sposò con Maria Vittoria Pignataro, nata a Vallo della Lucania (Salerno) il 21 ottobre 1860. Ebbero tre figli: due femmine, Maria ed Ersilia, e un maschio, Luigi Kohler che era mio nonno, di cui presento una foto all’età di circa 30 anni, nel 1914.
Della mia famiglia non conosco altre notizie: mi mancano notizie sul fratello\sorella di Amanzio, sulla sua nascita, sul luogo dove vissero a Napoli Amante Kohler e Amanzio Kohler anche se ho vaghi ricordi, dai racconti di mio padre, che ormai non c’è più, di una dimora a Napoli in vico Satriano nella zona di Chiaia.
Nei ruoli matricolari ho trovato invece notizie almeno di un altro Kohler, ossia di un certo Vittorio o Vittore Kohler, capitano, nato a Soletta nel 1808, che potrebbe essere il fratello di Amante.
Ringrazio il Portale Antenati per avermi dato la possibilità di ricostruire tante notizie della mia famiglia e condivido il racconto di quanto ho potuto ricostruire anche nella speranza che altri utenti del Portale possano aiutarmi ad avere ulteriori notizie della mia famiglia e della famiglia Andreassi nel sec. XIX.
A casa era qui …
Dove? Lo cerco e non lo trovo.
Sento una voce che ho dimenticato:
È la voce di questo stesso flusso.
Ah, quanto tempo è passato
(Oltre cinquant’anni)
Così tanti che la morte ha preso!
(E una vita … in incomprensioni …)
L’usura ha reso il bordo poco profondo
Dalla vecchia fattoria triste:
La casa non esiste più …
– Ma il ragazzo esiste ancora.
(Manuel Bandeira)
Candeloro Luigi Francesco Landri (in Brasile adottò il nome di Candido Landri) e Maria Raffaela Amorell si sposarono il 14 ottobre 1886 a San Nicola, in Centola e si trasferirono in Brasile a Rio de Janeiro, nel 1887, all’età di 30 anni. Arrivarono ad Alfenas, Minas Gerais, e lì presero dimora.
Candido, figlio di Vincenzo Landri e Antonia D’Amore, nacque il 02/02/1858. Proveniva dalla Campania, in provincia di Salerno, Corpo di Cava che fa parte del comune di Cava de’ Tirreni, in Costiera amalfitana, un luogo bellissimo, noto come “Divina costiera”. I suoi fratelli erano Alfonso Giovanni, Maddalena, Carmela Lucia Concetta, Domenico, Lucia, Maria e Maria Immacolata Pia.
Maria Raffaela, figlia di Fedele Amorelli e Rachele Tomei, nacque il 25/10/1858. Proveniva da San Nicola, che appartiene al comune di Centola, in provincia di Salerno, sempre nella regione Campania. Anche lei ebbe diversi fratelli: Ignacio (in Brasile aveva adottato il nome di Vicente Amorelli), Francesco (in Brasile, ha adottato il nome Antonio Amorelli), Maria Teresa, Maria Giuseppa Filomena e Maria Sabatina Domenica.
La coppia prese residenza in una fattoria posta tra le strade Bias Fortes e Oswaldo Cruz (attuale Pedro Silveira) fino a João Paulino Damasceno, dove coltivarono molti alberi da frutto, principalmente alberi di mango, frutti che furono commercializzati da Raffaella. Inoltre allevavano polli e anatre. In un’altra proprietà, tra le strade José Dias Barroso e Manoel Pedro Rodrigues, coltivavano banane, caffè e noccioline. Per aiutare la famiglia, Candido produceva vasi di rame e lampade, che la sua affettuosa moglie vendeva in città. Di fronte al palazzo, dove vivevano, c’erano alcune stanze che venivano affittate come bottega di barbiere e sartoria. Appena arrivati, fecero amicizia con i loro connazionali e vicini: le famiglie Paraizo e Tamburini. Condussero una vita sobria e molto corretta. Candido adorava leggere e non vedeva l’ora che arrivasse un giornale dell’epoca, “A Noite”. Per tutta la vita hanno avuto una governante, Nazaré, considerata un membro della famiglia. Furono una coppia molto felice, che viveva in perfetta armonia e dalla loro unione nacquero diversi figli: Vicente, il maggiore, Maria Angelina, João, Antonia, Maria, Pedro.
Candido morì il 23 dicembre 1939, all’età di 81 anni, e Raffaela il 15 settembre 1945, all’età di 87 anni.
La ricerca genealogica sul ramo paterno della mia famiglia è partita circa un anno e mezzo fa da mio nonno paterno, Pasquale De Rosa, nato a Napoli nel 1896 e trasferitosi poi ad Atripalda, provincia di Avellino (in altri termini nella montagna Irpina), dopo essere tornato dal fronte della I Guerra Mondiale ed essere stato assunto nelle Regie Ferrovie dello Stato. Ad Atripalda il 1 aprile 1921 ha sposato Giuseppa Carino, nata a Cimitile (NA) e proveniente da una famiglia di commercianti locali.
La coppia ha avuto tre figli: mio padre Gennaro nel 1923, mio zio Ugo nel 1925 e mia zia Nina nel 1928.
Qui il portale di Antenati mi è già venuto in aiuto una prima volta, dato che nei registri dello Stato Civile Italiano conservati presso l’Archivio di Stato di Avellino ho rintracciato, devo dire con una certa emozione oltre che soddisfazione, il loro atto di matrimonio dal quale ho finalmente conosciuto i nomi dei miei bisnonni: Gennaro De Rosa e Anna Gargiulo, Aniello Carino e Farnese Elisabetta.
Ho contattato allora l’Archivio di Stato di Avellino ed ho così ottenuto i fogli matricolari di mio padre, volontario allievo ufficiale nella Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, un corpo di gendarmeria a ordinamento militare che dal 1924 si trasforma per decreto di Mussolini in forza armata dell’Italia fascista, una sorta di milizia di partito, cui mio padre aveva aderito per non andare al fronte, mentre il fratello, dopo l’occupazione alleata di Napoli nell’ottobre 1943, prestò servizio al Deposito Militare di Napoli città come furiere.
Questa mia ricerca è cominciata per caso, quasi uno scherzo e devo dire grazie a mia moglie, Maria Rosaria, che un giorno – ci eravamo presi alcuni giorni di ferie proprio a Napoli – mi ha proposto di andare all’Archivio Storico Diocesano, in Largo Donnaregina, vicino al Museo Storico Diocesano, per chi conosce bene la città come lei.
Qui, la sorpresa: pur essendo uno storico professionale, lo confesso, a volte ho un po’ di difficoltà quando si tratta di “ingranare la marcia” e cominciare con pazienza a cercare, tra migliaia di nomi, il giusto Pasquale De Rosa e Anna Gargiulo. In questo però mi viene sempre in soccorso Maria Rosaria, che con certosina pazienza ha iniziato a scorrere gli elenchi dei processetti dei matrimoni ecclesiastici della città di Napoli, facendo leva sui pochi dati a nostra disposizione, cioè l’anno di nascita di mio nonno e la tradizione familiare secondo la quale era il primo figlio della coppia.
Trovata l’indicazione dell’anno e della parrocchia del matrimonio, la ricerca ha iniziato a scorrere più facilmente, grazie anche alla cortesia del personale di sala dell’Archivio Diocesano, che qui colgo l’occasione per ringraziare del valido aiuto che ci ha dato.
Della famiglia d’origine di mio nonno abbiamo poi trovato traccia sui registri di una delle parrocchie cittadine soppresse, i cui registri sono conservati in Archivio Diocesano, e dove abbiamo scoperto che oltre al fratello, Ciro, a me noto attraverso i racconti di mio padre, Pasquale ha avuto anche due sorelle, entrambe emigrate negli Stati Uniti. Sempre attraverso i registri parrocchiali abbiamo saputo che entrambe si erano sposate negli Stati Uniti, ma nonostante avessimo molti dati, non è stato possibile avere loro notizie su vari databasesonline: d’altra parte il cognome De Rosa è alquanto diffuso e non solo in Campania, è comunque sempre meglio procedere con circospezione ed estrema prudenza anche nel caso di cognomi rari, dato che si può sempre incappare in omonimie.
Di una certa importanza devo dire che si è rivelata la tradizione orale familiare, in questo caso rappresentata da mio padre, Gennaro, dal quale in una sorta di intervista dal vivo fattagli da me e mia moglie nella lontana estate del 2009 ho avuto delle preziose notizie inerenti la nostra famiglia che ho usato come base per avviare la mia ricerca sulla piattaforma del MiBACT Antenati che si è rivelata di importanza decisiva. Infatti con molta pazienza e sempre guidato dalle mie capacità di storico e da quelle di genealogista di mia moglie ho avuto modo di poter risalire sino ad un Lorenzo De Rosa, nato all’incirca nel 1762, figlio di Vincenzo, e a sua moglie Caterina Rocco, nata all’incirca 1755, risalendo così alla prima metà del 1700 e andando indietro di ben 6 generazioni.
Ciò grazie non solo alla stringa di ricerca “cerca i nomi”, ma anche ad una consultazione dei dati contenuti nella sezione Archivio di Stato di Napoli inerente battesimi, matrimoni e morti – cioè l’anagrafica tradizionale – ma anche i processetti matrimoniali, che hanno lo stesso nome di quelli in vigore per la Chiesa Cattolica da un breve di Papa Paolo V del 1605, ma che ne sono la versione “laica”; ricchissimi per mia fortuna di notizie e di spunti di ogni genere, dai nomi delle parrocchie, a quello dei parroci, dei genitori degli sposi, all’indirizzo esatto della casa da loro abitata, al tipo di lavoro (nel mio caso la dizione generica è quella di commerciante, che restringe parecchio il campo di ricerca anche se, mancando a Napoli la possibilità di accedere ai dati dell’Archivio Storico della Camera di Commercio, non è possibile per il momento poterne sapere di più).
Per ora mi sono fermato a metà del XVIII secolo, ma senza i dati di Antenati, questa ricerca non sarebbe stata veramente possibile.
Che aggiungere? Mi auguro per il prossimo futuro di poter ritornare a Napoli per completare la mia indagine e scoprire ancora tanto di una città che ho imparato a sentire mia.
Auguro a Voi tutti molta fortuna con le Vostre ricerche sul Portale Antenati.
Nella mia famiglia ho quattro bisnonni di origine italiana, di cui ho solo una limitata conoscenza, ma c’e una quinta linea del mio albero genealogico che arriva fino a mia nonna paterna: il suo nome è Gicela Balestra.
Questa storia risale all’anno 1817, quando nacque Giacomo Balestra da Francesco e Petronilla Cassini a Sanremo in Liguria. Francesco era capitano di mare come tanti altri liguri suoi conterranei: i suoi figli hanno scelto di intraprendere lo stesso mestiere. Insieme a suo fratello maggiore Angelo, Giacomo Balestra decise di venire in Argentina con le sue navi.
In Argentina i fratelli Balestra si sono dedicati a vendere olio, tabacco e cuoio nei diversi porti tra cui Asunción e Buenos Aires. Sotto la dittatura di Juan Manuel de Rosas, le loro navi furono, però, confiscate. Per questo motivo, Giacomo si trasferì in Goya (provincia di Corrientes) dove sposò Petronila Echavarría, figlia di spagnoli, dedicandosi, da quel momento, all’allevamento e all’agricoltura. Ho rintracciato un documento del 1854 in cui Giacomo appare come uno degli organizzatori della colletta di denaro fatta in Goya per la creazione dell’ospedale italiano di Buenos Aires. Invece Angelo sposò María de los Santos Espíndola in Entre Ríos e partirono insieme per il Paraguay.
Giacomo e Petronila hanno avuto molti figli. Uno era Bernardo, il padre del mio bisnonno, che ha cominciato a studiare medicina a Buenos Aires ma, dopo la morte di suo padre, è dovuto tornare a Goya per continuare ad occuparsi degli affari di famiglia. È stato presidente del Club Social Argentino in tre occasioni e sindaco di Goya nel 1899. Ha partecipato alla creazione della Escuela Normal, la prima istituzione educativa locale, e fu il primo direttore del Banco Nación della città. Oggi, una strada porta il suo nome. Bernardo aveva un fratello chiamato Juan Bautista Balestra, che era avvocato e che è stato deputato nazionale nel 1888, ministro della giustizia nel 1892, governatore della provincia di Misiones nel 1893 e Gran Maestro della Massoneria nel 1906. Oggi diverse scuole del paese portano il suo nome.
Bernardo era il padre di José Leòn Balestra, mio bisnonno, che si è dedicato all’allevamento e all’agricoltora ed è stato uno dei più importanti “estancieros” della provincia, comparendo su diverse riviste specializzate dell’epoca. Sua figlia era Gicela Balestra, mia nonna, che si è presa cura di me fin da bambino, mi portava al parco, a scuola, mi ha portato in viaggio in molti luoghi e mi dava, segretamente, molte caramelle.
Mio padre Pasquale è nato da Saverio Minichiello e Angela Camarro il 1 ° gennaio 1887 a Melito Valle Bonito in provincia di Avellino, regione Campania ed è morto il 16 febbraio 1965 a Beaumont in California, USA.
Poco si sa della sua infanzia, tranne le storie che ho sentito raccontare mentre crescevo. Era il più giovane di quattro figli: Antonio Minichiello nato il 3 marzo 1876 e immigrato in America; Marie Minichiello che rimase in Italia; Brisco Minichiello, anch’egli restato in Italia e Pasquale Minichiello nato il 1 gennaio 1887, immigrato in America.
Sono nato in America il 22 luglio 1942. Nel 1988 per celebrare il mio 25 ° anniversario di matrimonio, io, insieme ai membri della mia famiglia, siamo venuti in Italia e siamo andati a Melito per incontrare un cugino, Gabriele, che si trovava nella sua fattoria. Mentre stavo passeggiando da solo per la campagna, Gabriele mi chiese di tornare alla fattoria e mi disse di non vagare da solo. Questo mi ha lasciato perplesso perché volevo solo ammirare la bellezza della campagna.
Al ritorno mi ha raccontato di un incidente tra mia nonna Angela Camarro Minichiello e la famiglia di Arcangelo e Diana Di Flumeri, suoi vicini di casa. Mio padre aveva sposato Nicoletta Di Flumeri il 5 ottobre 1913 a Melito (anche se a quel tempo si chiamava Melito Valle Bonito). Hanno avuto una figlia: Maria Michela Diana Minichiello nata il 1 agosto 1914 a Melito e poco dopo questa data mio padre è partito per venire in America.
Mentre era in America, nel 1916 sua moglie Nicoletta morì. Sembra che le due famiglie abbiano discusso della custodia della giovane Maria, che probabilmente viveva con i Di Flumeri o con la famiglia Minichiello. Mi è stato raccontato che mentre le nonne erano al fiume, dove le donne lavavano e lavoravano, ci fu tra di loro una discussione animata sulla custodia della bambina: un infortunio durante la lite portò alla morte di Maria. Era l’anno 1919.
Sono sicuro che sia stato un incidente ma, ai miei occhi, è stato un crimine che non sarebbe mai dovuto accadere e di cui ho sentito parlare per la prima volta al momento della mia visita in Italia. Sapevo che mio padre aveva avuto un primo matrimonio e mi disse che sua moglie era morta di influenza, ma non avevo mai saputo di avere una sorella, né conoscevo il suo nome, il nome di sua madre o il loro cognome. Sono venuto a conoscenza dei loro nomi e cognomi, della data del matrimonio e della nascita della figlia attraverso gli sforzi del dr. Tom Simpson di San Mateo, in California, che ha mantenuto i contatti con i suoi parenti nell’area di Bonito.
Ho vissuto fino ai miei 6 anni in Algeria, un’infanzia felice con i miei genitori, i miei nonni, lo zio e la zia. Papa ha incontrato lì mia madre, una bretone che viveva ad Algeria e lavorava come infermiera. L’intera famiglia è tornata in Francia nel luglio 1962 per vivere a Parigi.
La ricerca delle mie radici venne da me spinta dal desiderio di sapere di più su questo “Pierre-Antoine” che aveva scolpito statue che ho visto a casa. La mia ricerca è iniziata nel 1992, andando sulla tomba di mio nonno, Marcel de LEONARDI a Bagneux, dove ho scoperto altri nomi. Allora chiedo ad Atina i certificati di nascita delle persone sepolte con lui. Spinto da questi reperti, mi tuffo in questo mondo che mi affascina e naviga nei siti di genealogia e oggetti d’arte dove compro due statue. Mi rivolgo anche a diversi musei di Parigi per scoprire se hanno qualcosa nelle loro collezioni. Solo il museo Rodin mi risponderà favorevolmente.
Raccolgo i cataloghi delle varie mostre, tenuti dai miei genitori alla scoperta di dipinti e oggetti che espone in quel momento e trova articoli di giornale su questo prozio. Il fratello di mio marito, Claude, che ama molto la genealogia, mi aiuta a trovare gli atti civili della mia famiglia. Questo mi motiva, ma un po ‘bloccato per andare oltre, decidiamo di fare il viaggio ad Atina con i nostri sposi. Grazie ad un genealogista, otteniamo un appuntamento con “Don Mimmo”, chiedendogli di cercare i registri parrocchiali ai quali ha accesso da solo, ma che ci permetterebbe di andare avanti. Ci darà alcuni elementi, ma ci manca ancora qualcuno per avere la conferma di un’altra generazione.
Queste indagini ci hanno permesso di attraversare i nostri alberi con un discendente di Leonardi, Louise Shapcott, un’amante inglese di questa piccola città, su iniziativa di “We love Atina” su Face Book. Come risultato dei nostri scambi sul web, simpatizziamo. La nostra visita ad Atina è stata l’occasione per incontrare questo lontano cugino. Sul posto scopriamo la città e camminiamo attraverso il cimitero sperando di trovare qualche informazione su una vecchia tomba. Molta emozione per immaginare i miei antenati in questo posto, in queste strade, quale sarebbe stata la loro vita lì … Davvero felice di questo passo.
I LEONARDI di Atina, da Domenico a Gaetano
Grazie ai siti Antenati e Familysearch e con l’aiuto di don Mimmo, parroco di “Santa Maria Assunta” di Atina, siamo riusciti a rintracciare la storia della famiglia di 7 generazioni da Domenico, nato intorno al 1675 e di cui ignoriamo il nome, a Luigi nato nel 1831.
La maggior parte dei miei antenati viveva in questo affascinante piccolo villaggio italiano nel Lazio, circondato da colline, l’Abruzzo in lontananza e villaggi circostanti come Gallinaro, Pontecorvo o Isernia. Erano operai, contadini, mugnai come Giuseppe e Gaetano suo nipote, cardatori di lana come Luigi e suo fratello Pietro Paolo.
Il lavoro è duro, la religione percorre la vita celebrando battesimi, matrimoni e sepolture. Il peso della tradizione è importante, poche innovazioni per cambiare il corso delle cose.
Di sicuro, ho ancora cugini LEONARDI che vivono nella regione, bellissimi nuovi incontri a venire !
Dei 4 figli di Gaetano e Angela di Giulio, la primogenita Mathilda Maria e l’ultima Maria Giuseppa fecero la loro vita ad Atina, il 3 ° Pietro Paolo morì nel 1856 all’età di 23 anni, Atina. Il secondo figlio Luigi, divenne cardatore di lana, si sposò nel 1859 a Santa Maria di Assunta con Carmela di FIORE, anch’essa figlia del mugnaio che aveva solo 17 anni. Hanno 4 figli in Atina : Pietrantonio mio antenato nel 1860 (vedi paragrafo successivo), Donato nel 1862 che morì l’anno seguente, Michel Giuseppe nel 1865 e Maria Domenica nel 1867.
Fu per la vicinanza della Francia, per la sua crescita economica o forse per il richiamo della comunità italiana di Parigi già molto attiva dal 1830, che Luigi e Carmela decisero di partire con i loro tre bambini. Seguirono la meravigliosa strada del Cenis, prendevano il treno con la nuova linea Napoli-Roma (1863) e Roma Livorno (1867) o con la nave per Marsiglia dove si erano stabiliti molti italiani ?
In ogni caso, al loro arrivo a Parigi tra il 1867 e il 1870, l’accoglienza dei compatrioti è molto utile, come alla nascita del loro primo figlio in terra francese, Angèle Marie nel 1870 che morì a 19 mesi. I testimoni sono Luigi Rossi un lavoratore giornaliero e Luigi di Mario un musicista, entrambi domiciliati nello stesso indirizzo dei genitori, rue Saint Victor (5a Parigi). Luigi era diventato “Louis”, e con Carmela sono i produttori di materassi, una logica evoluzione del lavoro del cardatore di lana. Louis, Carmela (un anno dopo la sua morte) e cinque dei loro figli : Pierre-Antoine, Michel-Joseph, Ange, Marie Immaculée Conception, Jean-Antoine e Marie-Christine, ottennero la cittadinanza francese con decreto del 13 gennaio 1890.
Il destino dei bambini nati ad Atina è il seguente: Michel Giuseppe svolse il servizio militare in Francia nel 1889, impiegato municipale, spesso si trasferì e morì dopo il 1911. Marie-Dominique sposò nel 1891 a Parigi il 5 ° Albert René Auguste Charrette ma non fu naturalizzata come gli altri membri della famiglia nel gennaio 1890. Non sappiamo perché. Un anno prima, durante il suo matrimonio, vive con suo padre, vedovo di Carmela per 2 anni a « 10 rue des Bernardins » . Scomparirà all’età di 41 anni e fu sepolta nel cimitero parigino di Bagneux (92) con suo marito. La vita di Carmela mi confonde … Immagino … Vedo una donna molto carina, che morì giovane a 47 anni dopo aver avuto 11 figli, una vita punteggiata dalla morte di bambini piuttosto giovani. Una donna consumata dal lavoro con suo marito e le sue numerose gravidanze… Una donna coraggiosa, una donna “Forte”.
Gli artisti di LEONARDI, Pietrantonio e Marcel :
I cognomi divennero francesi e il piccolo Pietrantonio di Leonardi (1860) divenne Pierre de Leonardi. Era ancora giovane (tra i 7 ei 10 anni) quando arrivò in Francia. Questa terra gli ha permesso di rivelarsi artisticamente e di realizzare un bel campo e splendidi incontri, tra cui Auguste Rodin. Nel 1880 fece il suo servizio militare e sposò nel settembre del 1889 Sara Levy, una lavoratrice quotidiana ; era allora un pittore. Vivevano « 2 bis rue de Ecoles » nel quinto distretto dove l’intera famiglia Leonardi trascorse la vita. Senza figli ha preso provvedimenti per adottare suo nipote Marcel all’età di 15 anni, un po ‘trascurato da sua madre e messo da parte dalla sua nuova famiglia Lardillier. Pierre morì nel distretto della Sorbona nel 1939, un vedovo di Sara che morì 10 anni prima di lui. Sua sorella, Maria Immacolata Concezione, dichiarò la sua morte. Una messa è stata celebrata nella sua memoria nel dicembre 1944, a Notre Dame des Victoires Paris 2e. Su richiesta di chi ? Non lo sapremo mai !
PIERRE-ANTOINE, studente di Paul Dubois, Paul Baudry e Ernest Dame (testimone al suo matrimonio) è stato molto produttivo, laborioso per aiutare la sua famiglia, appassionata, un “uomo di saggezza”. Dalle sue opere è rimasto poco. Ha creato molte panchine e statue, bacini ordinati dalla città di Parigi per i suoi giardini.
L’ispirazione di Rodin era presente. Ha scolpito una grande statua del “Bourgeois de Calais”, il “3 Philosophes”, per “Orphelins d’Auteuil”, un busto del “Reverend Father Brottier”, una statuetta che rappresenta “Auguste Rodin che porta il gruppo del Bacio” attualmente al museo Rodin,
Realizzò numerose mostre dal 1887 al 1934, il « Salon du Jardin des Tuileries », la « Exposition Universelle des Beaux-Arts » e il « Grand Palais ».
Le opere esposte erano fatte di pietra agglomerata, terracotta, intonaco talvolta indurito e dipinto (una tecnica antica), bronzi in cera persa ma anche dipinti. Il suo lavoro sarà indicato come un richiamo allo stile dei “Quattrocentisti fiorentini”. Gli argomenti e i temi sono principalmente : famiglia, donna e religione.
Anche il suo studio rue Drouot lo ha servito come negozio. Pierre-Antoine aveva il suo posto nel mondo dell’arte. Nel 1899 ricevette il titolo di Officer Academy, elencato alla Society of French Artists nel 1938, riconosciuto dalla critica del tempo. MARCEL ha due famiglie, quella di sua madre Marie Immaculée Conception e quella dei suoi genitori adottivi Pierre Antoine e Sara, entrambi evolvono in campo artistico. Prosegui in questa direzione e divenne anche scultore, statuario, esperto d’Arte, chiamandosi tavolta Marcel-Pierre ( un cenno a Pierre a cui doveva tanto). Era un uomo con un cuore d’oro, distinto, elegante, e disse che era un “Genio”. Nel su campo è stato brillante. La sua parte italiana e l’artista lo hanno reso un incantatore che sapeva come convincere, mettere le persone in confindenza anche avolte a loro. Il che gli ha procurato alcuni ostacoli con giustizia !
Da sempre appassionato di “Arte”, Marcel ha diretto il “Teatro LEONARDI”, nel 14e e il ” Clisson Palace”, un cinema al 13e di Parigi.
Il 16 julio 1930, all’età di 35 anni a Parigi, si sposo con Madeleine Lucienne Jeanne PROUX (1912-2005), chi aveva allora 18 anni. Hanno avuto un figlio Daniel Jean Pierre de Leonardi prima il divorziare 8 anni dopo. Nel 1963 Marcel mori nell’ « ospedale Cochin » aol’ età di 68 anni.Luigi, Carmela, Pietro, Sara, Maria Immacolata Concezione, suo marito Auguste Etienne Lardillier, Marcel, Marie-Dominique e suo marito riposano tutti nel cimitero parigino di Bagneux. La foto esisteva già alla fine del 19 ° ma purtroppo nessuno ci ha raggiunto.
Il de LEONARDI di Parigi : Daniel, Isabelle
Daniel mio padre (1931-1995) non parlava di suo padre, troppo turbato da un’infanzia turbolenta e dal divorzio dei suoi genitori quando aveva solo 7 anni. Andò via con sua madre Parigi al momento dell’esodo per andare a piedi ad Orleans e ad Algeria grazie ai collegamenti nell’aeronautica. Madeleine Proux ha ingaggiato un secondo matrimonio e ha dato alla luce altri due bambini. Daniel ha studiato a Notre Dame d’Afrique. una scuola gesuita ad Algeria. Nel 1951, fu assunto per partecipare alla start-up di un workshop IBM come meccanico presso il Centro Fee di RTF. Svolse il servizio militare in Algeria dal novembre 1953 al maggio 1955 e sposò Renée Larhant nel 1956. Un anno dopo ho preso vita a Bayonne, in Francia. Essendo diventato padre, fu richiamato alla Guardia territoriale dal 1956 al 1961 in Algeria.
Nel 1962, quando tornò in Francia, diresse il Centro di gestione informatica RTF a Parigi, partecipando alla messa in servizio del primo computer. Catherine nascerà nel 1965. Diventerà responsabile del budget presso l’ORTF quindi direttore del servizio documentario di Antenne2 e incontrerà molti artisti: cantanti, scrittori, storici, registi per i quali la televisione è stata la finestra sul mondo. Daniel era un uomo ombroso, onesto e fedele nell’amicizia. Non si è mai presentato, ma quello che la sua famiglia e i suoi amici sapevano di poter contare. Il suo lavoro in televisione è stato salutato dalla presentazione della Legion of Honor pochi mesi prima della sua morte.
Sento in Me quel sangue italiano che mi fa vibrare, questo debole per questo paese e per i suoi abitanti, ma nessuno con cui condividere davvero. Papa ci ha lasciati troppo presto e la mamma ora ha il morbo di Alzheimer… Mio marito, mia sorella, i miei figli non sono particolarmente interessati ma forse i miei nipoti … Spero che uno di loro leggerà i miei scritti!
Vivo ancora a Parigi e per parte mia, nella discendenza del Leonardi, nessun talento artistico è mai stato rivelato più di Catherine, mia sorella! Il cognome “di LEONARDI” di Atina si spegnerà con mamma, mia sorella e me.
L’8 agosto 2019, un festival si svolge ad Atina ( Frissonne) sugli emigranti di questo piccolo villaggio, per coincidenza è il compleanno di mio padre, un cenno da lassù ai suoi antenati !
Sapere da dove veniamo, un bisogno che ci sfida o no… Conosco pochissimo ma attraverso queste righe ho provato a trascrivere, immaginare il destino di questa famiglia che aveva lasciato tutto.
La genealogia è come un’indagine in cui si cammina passo dopo passo con momenti di eccitazione per aver trovato qualcosa e delusione quando si è dipendenti da persone, sacerdoti o impiegati di istituzioni amministrative che hanno accesso solo a determinati documenti, la distanza non semplifica le cose.
Un’occasione in cui la nostra storia si unisce alla Storia.
I- La vita a Pinzano-al-Tagliamento
La mia famiglia materna è originaria del Friuli. Gli antenati di mio nonno, Giovanni Battista Simonutti, provenivano dal paese di Pinzano al Tagliamento. Gli antenati di mia nonna, Anna Iop, vivevano invece a Spilimbergo, una graziosissima cittadina medievale.
Giovanni Battista, muratore, sposa Anna, contadina, il 2 Aprile del 1913 a Pinzano.
In questo periodo, gli abitanti di Pinzano vivono nella miseria ma in modo dignitoso. L’economia è quasi esclusivamente fondata sull’agricoltura. Tutte le terre sono coltivate e l’unica fonte di guadagno complementare è l’allevamento dei bachi da seta. D’inverno, pressappoco tutti gli uomini emigrano per lavoro, spesso all’estero, e tornano a casa nella stagione estiva per dedicarsi al taglio della legna e ai lavori agricoli. Solo nei primi anni del XX secolo cominciano a svilupparsi delle prospettive d’impiego con, in primo luogo, la costruzione del Ponte sul Tagliamento e poi con la costruzione della linea ferroviaria Casarsa – Gemona.
Nostra madre, Santa, nasce il 5 novembre 1914. Si racconta che nostro nonno, grande appassionato d’opera, volesse chiamarla Tosca, ma nostra nonna non ha ceduto!
La coppia si stabilisce nella casa detta « Ca Baron » a Pinzano, che si trova in un cortile e che è composta, al piano terra, da una cucina e da un saloncino. Al piano di sopra ci sono due camerette e un solaio raggiungibile per mezzo di una scala esterna.
La Prima Guerra Mondiale scoppia il 28 luglio del 1914. Nel maggio del 1915, l’Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria. Giovanni Battista, che fa parte del 2° Reggimento Granatieri, raggiunge la zona bellica il 9 maggio del 1916 mentre il reggimento si trova in un’area di riposo vicino a Udine, tra due battaglie. Dal maggio al giugno del 1916 combatte sull’altopiano di Asiago poi sul Carso vicino a Gorizia.
Alla fine dell’anno 1916, Anna si reca dal fotografo con Santa e Domenica, sua cognata. Probabilmente invia questa fotografia a Giovanni Battista che è al fronte. Sulla foto il suo volto porta le tracce di un dolore terribile. La sua sorella minore, Rosina, di 25 anni, si è buttata sotto un treno il 16 novembre a causa di una pena d’amore.
Santa raccontava un episodio confidatole da sua madre, di cui aveva reminiscenza. Alla fine dell’ottobre 1917, dinanzi all’avanzata delle truppe austriache, la famiglia sarebbe fuggita in calesse in direzione di Casarsa. Una granata sarebbe esplosa e il cavallo si sarebbe quindi impennato.
Mia nonna avrebbe avuto la reazione istintiva di buttare il grande cesto in cui si trovava mia madre nelle braccia di una persona che stava avanzando a piedi, salvandole così la vita.
Il 2° Reggimento Granatieri che è rimasto sul Piave fino alla vittoria, è in seguito inviato a Fiume. Giovanni Battista è congedato all’inizio dell’estate del 1919.
Il 26 luglio, la sorella di Giovanni Battista, Domenica, muore. Sul certificato di morte della parrocchia, è indicato che tutto il paese è presente al suo funerale.
Il 13 agosto del 1919, Anna subisce una nuova prova : sua sorella Italia muore di tifo.
Finalmente una buona notizia viene a rallegrare la vita di Anna e Giovanni Battista. Il 6 marzo del 1920, Anna mette al mondo un figlio, Rigoletto. Questa volta nostra nonna è costretta ad accettare il nome, ma nostro zio si farà chiamare Pierre…
La povertà e l’arrivo al potere di Mussolini costringono la famiglia a partire per la Francia. Alla fine della Grande Guerra il Friuli è devastato dalle distruzioni: la spoliazione sistematica messa in atto dall’esercito austro-tedesco nel 1917 – 1918 ha infatti distrutto il settore agricolo e industriale; le difficoltà finanziarie dello Stato Italiano impediscono il lancio di un programma di lavori pubblici di ricostruzione. Il ritorno dei rifugiati e la smobilitazione dell’esercito fanno aumentare la disoccupazione e le tensioni interne. Il dopoguerra è quindi caratterizzato dall’ « urgenza » di partire. Il lavoratori friulani si dirigono principalmente verso la Francia, che ha subito gravi perdite durante il conflitto e ha bisogno di energie nuove per rilanciare la ricostruzione delle zone che sono state devastate dai combattimenti.
II – La vita in Francia
Giovanni Battista sarebbe andato in Francia nel 1922, per lavorare come muratore a Le Nouvion en Thiérache, un paese dell’Aisne, in una zona devastata dai bombardamenti.
Durante l’inverno del 1925, Giovanni Battista è assunto, con una squadra di operai francesi e italiani, sul cantiere di costruzione del Château du Lieu Notre-Dame a Romorantin-Lanthenay (Loir et Cher). Gli operai sono alloggiati sul posto. Tra di loro troviamo Luigi e Agostino Simonutti, originari di Pinzano, che provengono da un altro ramo.
Nel maggio del 1926, Anna e i suoi due figli raggiungono Giovanni Battista. Prendono il treno a Mestre, dove li aspetta Ida, la sorella più piccola di Anna. Ida, che sarà più tardi la cameriera della cantante Toti dal Monte, gli offre dei regali per la partenza. A Parigi, Giovanni Battista li aspetta sui binari della Gare de Lyon. Prendono il treno per Romorantin. Anna cucina per tutti gli operai. Santa e Rigoletto vengono scolarizzati. Santa, che mostra di essere un’alunna bravissima, è incoraggiata dalla sua maestra.
Nel luglio del 1928, la famiglia va ad abitare nel villaggio La Coulonche (Normandia) Giovanni Battista partecipa al restauro del Château de Beaumont. Esiste una foto di classe, anno 1927 – 1928, in cui appare nostro zio Rigoletto con il berretto alla francese.
Nel novembre del 1928, un amico di Pinzano, Giovanni Battista Tisin, spinge Anna e Gio Batta, ad andare a vivere a Bures-sur-Yvette, a una ventina di chilometri a sud di Parigi. Qui affitteranno una casa modesta, al numero 14 dell’avenue du Maréchal Foch. Gio Batta lavorerà in proprio per la costruzione di case a Bures-sur-Yvette. Nel gennaio del 1929, Santa trova un impiego in un ristorante vicino alla casa della famiglia, in cui resterà fino al novembre del 1930. Nell’aprile del 1933, è assunta come « petite bonne » (giovane donna di servizio) al Moulin de Bures. Si affeziona molto alla sua « patronne » (padrona) – come la chiama lei – Jeanne-Lucienne Botté.
Agli Archivi Dipartimentali delle Yvelines, ho scoperto con sorpresa la richiesta della carta d’identità per stranieri fatta da nostra madre. Non appaiono date, ma dovrebbe essere stata rilasciata verso il 1932/1933. Santa avrebbe avuto dunque 18 o 19 anni. Si noterà la dicitura « bonne à tout faire » (donna di servizio) che sostituisce quella di « femme de ménage » (donna delle pulizie)…
Rigoletto, dopo avere ottenuto il suo Certificat d’Etudes (la Licenza Elementare), viene iscritto all’Ecole du Centre a Palaiseau, al fine di ottenere il Diploma Nazionale del Brevet (corrispondente al nostro Diploma di Licenza Media).
Nel 1935, Santa incontra nostro padre, Michele Ieva, originario di Andria (Puglia), a Orsay, in un caffè danzante frequentato dalla comunità italiana. I due si sposano il 21 marzo del 1936 al Municipio di Antony (8 km a sud di Parigi) e vanno ad abitare al primo piano della casa comprata dai miei nonni paterni nel 1932, al n. 2bis della rue Pernoud a Antony. Gio Batta non avrebbe assistito alla cerimonia, in quanto ostile all’unione di nostra madre con un italiano del sud!
Da questa unione nasceranno quattro figli, mia sorella Colette nel 1936, mio fratello Michele nel 1942, io stessa nel 1949 e mio fratello Dominique nel 1956.
Nel 1943, Rigoletto è chiamato in Germania per il Servizio del Lavoro Obbligatorio. Dato che parla tedesco, lavora come segretario di un ufficiale in un campo a 10 km da Colonia.
Il 1° aprile del 1949, Giovanni Battista e Anna, ottengono la cittadinanza francese, nonostante l’avviso contrario del prefetto di Versailles, nella sua lettera del 15 marzo del 1948, per il fatto che « leur âge ôte à leur intégration à la communauté tout intérêt démographique » (la loro età priva la loro integrazione alla comunità di un qualsiasi interesse demografico)…
Il 29 luglio del 1950, Rigoletto sposa Simone Kientzi a Gif-sur-Yvette. Rigoletto e Simone avranno un figlio, Christian, nato nel 1954. Vivranno nella casa che si trova al n.79 dell’avenue des Tilleuls a Bures-sur-Yvette.
Giovanni Battista e Anna ritorneranno a Pinzano solamente nell’agosto del 1960, accompagnati dai nostri genitori e dai miei fratelli. Un momento indimenticabile d’intensa emozione!
Nell’aprile del 1969, Giovanni Battista e Anna sono costretti a lasciare la loro casa: il proprietario vuole riprenderla per poterla vendere. Fanno costruire una piccola abitazione sul terreno di casa nostra a Antony. Giovanni Battista, che era caduto da una scala, è costretto a portare un busto ortopedico. Cammina con difficoltà. Lo rivedo, lo sguardo perso, seduto in giardino. E dire che noi ignoravamo che avesse preso parte alla Grande Guerra… Giovanni Battista misurava 1,78 m mentre Anna raggiungeva appena 1,45 m… Ma quando litigavano, in friulano, lei sapeva benissimo alzare la voce senza lasciarsi impressionare dalla statura imponente di suo marito.
Giovanni Battista è morto nel 1971. I nostri genitori torneranno spesso d’estate a Pinzano con Anna, che ci ha lasciato nel 1977, un anno dopo il terribile terremoto che ha fatto tante vittime in Friuli. Entrambi riposano nel cimitero di Antony, dove sono seppelliti anche i nostri genitori, Michele morto nel 1983 e Santa nel 2007.
Rigoletto, morto nel 2003, è seppellito nel cimitero di Gif-sur-Yvette, dove l’ha raggiunto sua moglie Simone nel 2012 e il loro figlio Christian, nostro cugino, nel settembre del 2017.
Sono andata più volte a Pinzano ma è nel settembre del 2018 che, con molta emozione, mi ci sono recata per la prima volta in compagnia di mio marito. Il paese è cambiato poco, il caffè e il negozio di alimentari hanno chiuso… La casa di famiglia è stata distrutta. Abbiamo anche avuto l’immenso piacere di scoprire la cittadina medievale di Spilimbergo, egregiamente restaurata.
Fin da bambina ho sentito mia madre raccontare con molta nostalgia storie e fatti accaduti alla sua famiglia, storie a volte tristi, spesso con il rimpianto per le persone scomparse e con i ricordi appannati dal trascorrere del tempo. È forse per questo che anni fa decisi di mettere ordine nella memoria per tentare di ricostruire parte delle vicende di famiglia, unendo i ricordi ai documenti, e dare voce e storia ai miei antenati materni, per farli uscire dall’oblio del tempo trascorso perché, come scrisse Jules Renard “…l’acqua limacciosa della memoria dove tutto ciò che cade si nasconde. Se la si muove, qualcosa torna a galla.”
Decisi così di far tornare a galla qualcosa del mio bisnonno materno, Urbano D’Antoni nato a Roma nel 1845, giardiniere per una famosa famiglia romana del tempo. Conoscevo solo vagamente la data della sua morte, per cui mi recai al cimitero monumentale del Verano, dove un impiegato verificò negli archivi la data del seppellimento nel 1909, la provenienza dal Policlinico Umberto I e la paternità Sante D’Antoni. Sapevo che la famiglia D’Antoni era sempre vissuta a Roma nella zona di San Lorenzo fuori le Mura, dove aveva avuto delle proprietà, quindi perché non tentare e cercare all’Archivio di Stato negli atti notarili? A volte penso che i nostri antenati vogliano essere “trovati” nelle carte ingiallite degli archivi, perché con incredibile fortuna trovai un primo riferimento a Sante D’Antoni, nato circa nel 1817 da Vincenzo e morto nel 1869 senza testamento. Il figlio Urbano già maggiorenne e la vedova, seconda moglie di Sante, procedevano all’inventario delle poche suppellettili lasciate e dei debiti, per tutelare anche i cinque figli ancora minorenni. Continuando la ricerca negli atti dei Notai Capitolini riuscivo a ricostruire moltissime vicende dei D’Antoni, arrivando alla prima metà del 1700. Atto dopo atto, è venuto fuori che spesso le storie raccontate non erano esatte: ad esempio, Urbano non era stato privato dei beni paterni dalla matrigna, perchè in realtà Sante aveva già ceduto tutto ad un fratello, probabilmente per debiti.
Le notizie più interessanti le ho trovate nel Portale degli Antenati, dove tra atti di nascita, morte, matrimoni e allegati ho scoperto che il mio bisnonno Urbano aveva avuto una prima moglie, Virginia Tonnini e, rimasto vedovo dopo molti anni, aveva sposato la mia bisnonna Clarice Tilesi di Amatrice, anche lei vedova e con un figlio. Nessuno in famiglia sapeva della prima moglie, nè del figlio di Clarice nato dal primo matrimonio! Quindi questo bisnonno, che veniva ricordato per aver rinunciato a diventar prete perchè conquistato dalla bella Clarice, si era in realtà sposato due volte e, come risultava dagli atti sul Portale, aveva avuto cinque figli dal matrimonio con lei. Vita non facile la sua, perché nel giro di pochi anni morirono tre figli, il primo figlio di Clarice e lei stessa, lasciando Urbano di nuovo vedovo e con due figlie piccole. Una delle figlie, Emma, diventerà mia nonna, sposando Tarquinio Di Rocco di Monte Porzio Catone. Questa notizia ha allargato la ricerca sul Portale degli Antenati, portandomi dai Tilesi di Amatrice ai Di Rocco di Monte Porzio Catone, ai Bozzano di Mondovi e a tanti altri antenati ad essi collegati, consentendomi di smuovere quell’acqua limacciosa della memoria e facendo tornare a galla storie e fatti sconosciuti della mia famiglia.
Sono nato a Pergamino, provincia di Buenos Aires, in Argentina, nel 1987. I primi documenti della famiglia Lanza in Pergamino sono del 1894. Mi sono sempre interrogato sui miei antenati e sulla storia della mia famiglia. L’Argentina è un paese costruito da immigrati e la mia famiglia è interamente composta da immigrati. Dei miei otto bisnonni, sei sono italiani e due sono francesi. Ecco perché mi sono semprechiesto quale fosse la mia reale provenienza: Da dove vengo? per quale motivo i bisnonni sono venuti dall’Italia all’Argentina?; come sono venuti dall’Italia e sono finiti in una città come Pergamino? perché proprio a Pergamino?
I miei parenti non avevano molte informazioni sulle loro origini ma un mio cugino era intanto riuscito a scoprire o aveva mantenuto memoria che eravamo originari di Tursi, in Italia, e che il mio bisnonno, Vincenzo Lanza, nacque proprio lì intorno al 1860. Fu questo il mio punto di partenza.
Il funzionario dell’ufficio di stato civile di Tursi, Antonio Agata, mi ha aiutato moltissimo. Grazie a lui conosco l’origine della mia famiglia e gli sarò eternamente grato. Quando Antenati ha pubblicato l’archivio dello stato civile di Matera ho potuto verificare personalmente ogni registro di Tursi.
Ho scoperto che la mia famiglia non era molto numerosa e che molti membri morirono in giovane età. Allo stesso modo, adesso non vedo l’ora di indicizzare i nomi degli atti di stato civile di Matera per cercare i Lanza dell’intera provincia. Deve esserci qualcos’altro sui Lanza in una città vicino a Tursi che potrebbe aiutarmi a proseguire le mie ricerche!
Vincenzo Lanza ed Egidia Raimondi, i miei bisnonni tursitani, arrivarono da Tursi a Pergamino nel 1893 con due figli: Giuseppe e Maria Grazia. A Pergamino ebbero altri nove figli: Domingo, Generoso, Vicente (Vincenzo in spagnolo, mio nonno), Salvador, Dolores, Antonio, Francisco, Emilia e Maria Carmen. Vicente e mia nonna María Celia ebbero mio padre: Angel Vicente.
Il mio progetto è molto ambizioso pur se, per il momento, il mio albero genealogico si arresta con il nome del mio antenato Vincenzo Lanza, nato tra il 1740 e il 1750 e morto nel 1801. Il mio desiderio è di continuare a indagare, ma sfortunatamente i registri della chiesa di Tursi sono andati persi in un incendio negli anni ’80.
Nel lontano 1998 trovai un sito Internet che offriva la possibilità di consultare online l’elenco telefonico degli Stati Uniti d’America. Senza pensarci troppo, digitai “Ribacchi” e lanciai la ricerca. Con mia grande sorpresa comparve sullo schermo una lista contenente almeno una dozzina di nominativi a me sconosciuti, che scatenò in me la grande curiosità di sapere chi fossero quegli individui e che relazioni avessero con me.Sempre grazie ai potenti mezzi messi a disposizione da Internet ho cominciato a raccogliere piccoli tasselli, che mi hanno consentito di ricostruire a poco a poco la loro storia.Un traguardo importante l’ho raggiunto nel 2001, quando è stato possibile accedere liberamente e via Internet agli archivi di Ellis Island che mi hanno consentito di rintracciare buona parte dei flussi migratori che hanno portato la famiglia Ribacchi nel Nuovo Continente.
Tutto ebbe inizio dall’Italia, a Fossato di Vico, in Umbria, dove Bernardino Ribacchi, nato nei primi anni dell’800 da Pietro e sua moglie Rosa Vantaggi, figlia di Sante, ebbero 10 figli: Giovanni, Palmira, Matilde, Giuseppe, Filippo, Augusto Sempronio, Augusto, Nazarena, Maria Anna, Luigi e Cecilia.
Cinque dei loro figli – Giovanni, Giuseppe, Augusto, Luigi e Cecilia – decisero di dare una svolta alle loro vite, partendo alla volta degli USA tra il 1892 ed il 1908 e stanziandosi, inizialmente, nella città di Frontenac, contea di Crawford in Kansas, dove i ricchi giacimenti di carbone offrivano grandi opportunità di impiego soprattutto per i numerosi immigrati. Successivamente le loro vite si divisero: Giovanni lavorò in miniera tutta la vita, Giuseppe si trasferì a Detroit, Michigan, trovando impiego presso la Ford, Augusto rimase in Kansas, Luigi e Cecilia si stabilirono in Pennsylvania.
Una delle emozioni più grandi è stata quando Emilio Ribacchi, figlio di Luigi, rispose ad una mia lettera con una calligrafia ordinata, in un italiano imperfetto. Mi spiegò che il padre Luigi aveva sempre preteso che in casa le origini italiane fossero onorate e mantenute vive e pertanto gli aveva insegnato l’italiano. Questa nostra corrispondenza non si è mai interrotta, nonostante Emilio abbia superato i 90 anni.
La dedizione con cui iniziai a raccogliere, analizzare, sistemare le tante informazioni che andavo collezionando si sono ben presto trasformate in una vera passione per la ricerca genealogica.
Curiosità, emozione, passione sono, dunque, gli ingredienti che negli anni hanno fatto di me un dilettante appassionato, a metà strada tra l’uomo ordinario e lo specialista, tra il profano e il virtuoso, l’ignorante e il dotto, l’artigiano e l’esperto. Mentre acquisivo nuove competenze le mettevo subito in pratica trovando nuovi “pretesti”, allargando la ricerca a tutte le famiglie dei mie nonni: quindi non solo Ribacchi, ma anche Battaglia, Laureti e Ferretti.
Già in quegli anni l’offerta di banche dati online in America era straordinariamente ampia e variegata (censimenti nazionali, annuari scolastici, giornali locali, certificati di naturalizzazioni, registri civili, cimiteri, immigrazione, fascicoli militari, ecc.) e molto spesso gratuita, consentendomi di procedere molto velocemente nella ricostruzione delle vicende del ramo americano dei Ribacchi, ma come arrivavo in Italia la ricerca si bloccava bruscamente per le tante difficoltà nell’accedere ai nostri archivi.
Tornando indietro al 2010, decisi di aprire uno nuovo capitolo di ricerca sulla famiglia di mio nonno materno, i Battaglia, originari di Termini Imerese. All’epoca non avevo alcun archivio online a disposizione e abitando a Roma mi era impossibile recarmi sul posto, ma la svolta la ebbi sempre sul web. Rintracciai una comunità di famiglie originarie di Termini Imerese emigrate negli States. Come molti altri americani avevano molto a cuore le loro origini e attraverso l’accesso agli archivi gestiti dalla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (ovvero la Chiesa mormone), ti inviavano per pochi dollari copie dei registri di stato civile di Termini Imerese. E fu così che, con una incredibile e surreale triangolazione tra le due sponde dell’Atlantico, sono riuscito a metter ordine anche nella famiglia Battaglia.
E poi ci fu l’avvento del Portale degli Antenati, che ha finalmente liberato un patrimonio informativo ricchissimo e che ha rimesso in moto i miei tanti filoni di ricerca, aprendone di nuovi.
L’originario obiettivo di individuare l’anello di congiunzione fra il ramo americano dei Ribacchi e il mio, sebbene con qualche progresso, resta ancora non raggiunto stimolandomi, però, a trovare nuove strade da percorrere e nuovi archivi da esplorare.
E fu così che decisi di varcare la soglia del misterioso mondo degli Archivi di Stato (quelli fisici), in particolare di quello di Roma, che è ospitato presso la magnifica sede di Sant’Ivo alla Sapienza. L’iniziale disagio di sentirsi fuori posto, di porre domande sciocche è stato subito spazzato via dalla professionalità e dalla cortesia del personale, che mi ha saputo rapidamente consigliare e indirizzare.
Sfogliare antiche e consunte carte sotto i maestosi e pregiati soffitti della Biblioteca Alessandrina rappresenta un momento in cui curiosità, emozione e passione continuano a rincorrersi e ad agitarsi dentro di me.