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Archivi: Storie

Nicola Zingarelli nasce Cerignola (Foggia) il 28 agosto 1860 (benché sui documenti ufficiali figuri la data del 31 agosto), secondogenito di Girolamo, sarto, e di Teresa Longo. Riceve la sua istruzione elementare nella città nativa, trasferendosi poi a Napoli per gli studi liceali (suo compagno fu tra gli altri Salvatore Di Giacomo) ed universitari.

Iscrittosi inizialmente alla Facoltà di Giurisprudenza, passa a quella di Lettere discutendo la tesi su Parole e forme della «Divina Commedia» aliene dal dialetto fiorentino, il 29 giugno 1882. Il lavoro viene pubblicato due anni più tardi nel primo fascicolo degli Studi di filologia romanza (I [1884], pp. 1-202), diretti da Ernesto Monaci. Intrapresa la strada dell’insegnamento liceale, nel semestre invernale del 1884-85 frequenta, grazie a una borsa di studio, l’Università di Breslau, quindi a Berlino.

Rientrato in Italia, nell’agosto 1885 ospita Adolf Gaspary a Cerignola: in tale occasione si decide la traduzione della Storia della letteratura italiana dello studioso tedesco, il cui primo volume venne pubblicato due anni dopo (Torino 1887). In qualità di docente visse a Palermo, poi a Campobasso, a Ferrara e a Napoli. Nel 1869 fonda con Erasmo Pèrcopo la Rassegna critica della letteratura italiana, che dirige per tutta la durata delle pubblicazioni (1896-1925); nello stesso anno consegue la libera docenza in storia comparata delle letterature neolatine, avvicinandosi alla carriera universitaria, con l’incoraggiamento di Francesco D’Ovidio.

Nel dicembre 1901 vince il concorso presso l’Università di Palermo e diventa professore ordinario nel 1906. A Palermo rimane fino al 1916, anno del trasferimento presso l’Accademia scientifico-letteraria di Milano dove occupa la cattedra di lingue e letterature neolatine.

Data al 1917 la pubblicazione del Vocabolario della lingua italiana che esce presso gli editori Bietti e Reggiani di Milano e dal 1922 in unico volume. Nel marzo 1923 diventa membro effettivo del R. Istituto lombardo di scienze e lettere; il 1° luglio di quell’anno consegue, per iniziativa ministeriale, anche la nomina ad accademico della Crusca. A partire dal 1925 dirige (sempre per le letterature romanze) e collabora all’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani. Nel 1931, succedendo a Michele Scherillo, passa all’insegnamento di letteratura italiana.

Muore a Milano, il 7 giugno 1935.

Puoi consultare l’atto di morte sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Milano > Stato civile italiano > Milano> Morti > 1935

Sul Portale Antenati è disponibile anche l’atto di nascita: Archivio di Stato di Foggia > Stato civile della Restaurazione > Cerignola > Nati > 1860

Gli originali sono conservati rispettivamente presso Archivio di Stato di Foggia (atto di nascita) ed Archivio di Stato di Milano (atto di morte).

Per approfondimenti sulla figura di Nicola Zingarelli, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Massimiliano Corrado.

Archivio di Stato di Milano > Stato civile italiano > Milano> Morti > 1935

Luigi Capuana nasce a Mineo (Catania) il 28 maggio 1839 da Gaetano, agiato possidente terriero, e Dorotea Ragusa. Frequenta a Mineo le scuole comunali e nel 1851 si iscrive al Reale Collegio di Bronte che lascia nel 1855 per ragioni di salute, rientrando a Mineo e proseguendo lì gli studi da autodidatta. Conseguita la licenza, si iscrive, nel 1857, alla facoltà di Giurisprudenza del Siculorum Gymnasium di Catania, che abbandona nel 1860 per prendere parte all’impresa garibaldina in funzione di segretario del comitato clandestino insurrezionale di Mineo e, in seguito, di cancelliere (segretario comunale) nel nascente consiglio civico. Stabilitosi a Firenze nel 1864 prende parte attiva parte alla vita culturale della città, frequentando il caffé Michelangelo (dove conosce i macchiaioli e, fra gli altri, si lega di amicizia con T. Signorini e V. Boldini), i salotti del Dall’Ongaro e dei Pozzolini, dove incontra tra gli altri C. Levi (dal quale sarà spinto alla lettura delle opere di Balzac) e, nel maggio-giugno dell’anno 1865, il conterraneo Giovanni Verga.

Dopo i primi tentativi critici nel 1865 sulla Rivista italica, l’anno successivo diventa critico drammatico del quotidiano La Nazione. Sul quotidiano fiorentino appare nel 1867 la sua prima prova narrativa Il dottor Cymbalus cheinaugura il filone fantastico e fantascientifico di una ricchissima produzione di novelle ispirate anche a motivi e a figure della vita siciliana. Celebri sono in tal senso le raccolte Le appassionate (1893) e Le paesane (1894).

Rientrato in Sicilia nel 1868, diventa ispettore scolastico, poi consigliere comunale, quindi sindaco di Mineo: in questo periodo si accosta alla filosofia idealistica di Hegel ed approfondisce la conoscenza di De Sanctis e di A.C. De Meis. Dopo un breve soggiorno a Roma nel 1875 –  durante il quale fissa le linee del romanzo Giacinta – ritorna a Mineo e pubblica il suo primo volume di novelle: Profili di donne (1877). Nel 1877, in seguito anche alle sollecitazioni del Verga, si reca a Milano, dove ottiene l’incarico di critico letterario e drammatico del Corriere della Sera e, sulla scorta di una personale rielaborazione delle teorie naturalistiche, inizia la stesura di Giacinta, destinato ad assumere il valore programmatico di manifesto del verismo italiano (1879).

Nel 1880 raccoglie i suoi articoli su Zola, Goncourt, Verga e altri scrittori dell’epoca in due volumi di Studi sulla letteratura contemporanea (1880-1882). Data a questo lasso di tempo il breve soggiorno a Ispica e l’inizio della scrittura del romanzo che lo avrebbe reso celebre vent’anni dopo, Il marchese di Roccaverdina (originariamente Il marchese di Santaverdina) del 1902, ambientato nella cittadina ragusana. Dal 1882 al 1883 risiede a Roma e dirige il Fanfulla della domenica. Gli anni fino al 1888 li trascorre a Catania e a Mineo, per tornare infine a Roma, dove rimane fino al 1901. Ricchissima in questi anni la sua produzione letteraria: favole e racconti per ragazzi (C’era una volta, 1882; Scurpiddu, 1898; etc.) novelle (Nuove paesane, 1898; etc.) romanzi (Profumo, 1890; etc.). Del 1898 è Gli “ismi” contemporanei. Professore di letteratura italiana nell’Istituto superiore di magistero in Roma, approfondisce la sua amicizia con D’Annunzio e conosce Pirandello, che è suo collega.

Nel 1902 fa ritorno a Catania, per insegnare lessicografia e stilistica alla locale università. In questi anni si dedica alla stesura del romanzo Rassegnazione (1907). Tra le sue ultime opere: Coscienze (1905), Nel paese di Zagara (1910), Gli Americani di Rabbato (1912) ma anche i racconti fantastici, Nell’isola degli automi (1906), Nel regno delle scimmie, Volando e La città sotterranea (1908), L’acciaio vivente (1913).

Muore il 29 novembre 1915 a Catania.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Catania > Stato civile della restaurazione  >  Mineo >  1839

L’originale è conservato presso l’ Archivio di Stato di Catania

Per approfondimenti sulla figura di Luigi Capuana, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Enrico Ghidetti.

Archivio di Stato di Catania > Stato civile della restaurazione > Mineo > 1839

Corrado Alvaro nasce a San Luca (Reggio Calabria) nel 1895 da Antonio, maestro elementare e fondatore di una scuola serale per contadini e pastori analfabeti, e da Antonia Giampaolo. Trasferitosi prima a Perugia e poi a Catanzaro per proseguire gli studi, esordisce in letteratura precocemente con la raccolta di versi Polsi nell’arte, nella leggenda, nella storia (1911). Nel 1915 è chiamato alle armi e assegnato alla zona del Carso come ufficiale di fanteria: quest’esperienza è alla base della seconda silloge poetica Poesie grigioverdi (1917). Allo stesso anno data anche l’inizio della carriera giornalistica e delle collaborazioni con il «Resto del Carlino» e  – dal 1919 –  con il «Corriere della Sera».

Nel 1920 si laurea in lettere a Milano e pubblica il primo volume di racconti La siepe e l’orto; quindi, stabilitosi a Roma con la moglie Laura Babini, traduttrice e scrittrice, è chiamato nel 1922 da Giovanni Amendola alla redazione del quotidiano «Il Mondo», dove rimane fino alla soppressione del giornale nel 1926, prendendo parte accanto all’Amendola alla battaglia contro il fascismo. Fatto segno a violenze squadristiche e successivamente a persecuzioni, lascia per qualche tempo l’Italia, soggiornando a lungo a Parigi e a Berlino.

In questi anni cura le antologie di racconti L’amata alla finestra (1929), La signora dell’isola (1930), Misteri e avventure (1930). Come inviato de «La Stampa» compie numerosi viaggi anche all’estero, dei quali dà conto nei resoconti Viaggio in Turchia (1932), Itinerario italiano (1933), I maestri del diluvio. Viaggio in Russia (1935), Terra nuova. Prima cronaca dell’Agro Pontino (1938). Collabora a «900», «Mercurio», «Critica fascista», «Omnibus», «Primato» e «Sipario». I primi riconoscimenti giungono con Vent’anni (1930), Gente in Aspromonte (1930, Premio La Stampa) e L’uomo è forte (1938).

Il crollo della dittatura, lo porta alla direzione del giornale romano «Il Popolo di Roma», che tiene con grande equilibrio e acuto senso della situazione sino a che, dopo l’8 settembre, è costretto a rifugiarsi sotto falso nome a Chieti.

Rientrato a Roma nel 1944, fonda nel 1945 con Francesco Jovine e Libero Bigiaretti il Sindacato nazionale degli scrittori, di cui è segretario sino alla morte. Nel dopoguerra escono L’Italia rinunzia? (1945), L’età breve (1946), Un treno nel sud (1950), Quasi una vita (1950), Il nostro tempo e la speranza (1952) e 75 racconti (1955). Vanno ricordate anche una breve esperienza come sceneggiatore negli anni Quaranta, di cui resta traccia nei film Noi vivi (1942) e La carne e l’anima (1943), e l’attività di traduttore (Tolstoj, de Rojas, Shakespeare etc.).

Muore a Roma l’11 giugno 1956.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Reggio Calabria > Stato civile italiano > San Luca > 1895

L’originale è conservato presso Archivio di Stato di Reggio Calabria

Per approfondimenti sulla figura di Corrado Alvaro, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Ferdinando Virdia.

Archivio di Stato di Reggio Calabria > Stato civile italiano > San Luca > 1895

Raffaele Mattioli nacque a Vasto il 20 marzo 1895.

Nel 1912, si iscrisse alla facoltà di Economia e Commercio presso l’Università degli studi di Genova, ma con l’avvento della Prima guerra mondiale si arruolò volontario, rimanendo in servizio anche dopo la fine del conflitto nelle legioni di Gabriele d’Annunzio, in qualità di suo ufficio stampa.

Lasciato l’esercito, riprese gli studi, laureandosi nel dicembre 1920 con una tesi sull’economia monetaria.

La sua carriera iniziò presso la Banca Commerciale Italiana (Comit), una delle principali istituzioni finanziarie dell’epoca. Ascese rapidamente ai vertici, diventando direttore generale nel 1931, amministratore delegato nel 1933 e presidente del consiglio amministrativo dal 1960.

Il suo ruolo lo portò ad avere frequenti contatti con Benito Mussolini, ma sostenne fortemente la causa comunista, incontrando in segreto Palmiro Togliatti e prodigandosi in prima persona per il salvataggio dei Quaderni del carcere, dopo la morte di Antonio Gramsci.

Negli anni, la gestione di Mattioli trasformò la Comit in una banca moderna e strategica, capace di navigare le complesse fasi storiche dell’Italia: dal regime fascista, alla Seconda guerra mondiale, fino alla ricostruzione del dopoguerra. Durante il Ventennio nero si prodigò strenuamente per una “resistenza culturale e, nonostante le pressioni politiche, difese l’autonomia della banca, proteggendo anche molti intellettuali perseguitati dal regime.

Terminato il secondo conflitto mondiale, ebbe un ruolo cruciale nella ricostruzione economica dell’Italia, promuovendo politiche di sviluppo industriale e supportando imprese innovative e strategie di investimento a lungo termine.

Oltre all’attività bancaria, Mattioli si distinse per il suo impegno come mecenate della cultura: fu, infatti, uomo di vastissima sensibilità umanistica, che instaurò stretti rapporti con intellettuali e filosofi di primo piano, tra cui Benedetto Croce. Sostenne case editrici, finanziò restauri e promosse la pubblicazione di testi fondamentali, come le opere complete di Carlo Cattaneo e classici del pensiero economico e filosofico.

Morì a Roma il 27 luglio 1973.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Chieti > Stato civile italiano > Vasto > 1895

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Chieti

Per approfondimenti sulla figura di Raffaele Mattioli, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Francesca Pino.

Archivio di Stato di Stato di Chieti > Stato civile italiano > Vasto > 1895

Giulio Battelli nacque a Roma l’11 aprile 1904.

Si laureò nel 1928 in Lettere presso la Sapienza, sotto la guida di Pietro Fedele.

In contemporanea all’università, aveva frequentato la Scuola vaticana di Archivistica, Paleografia e Diplomatica, diplomandosi nel 1925 e dove dal 1932 al 1978 tenne l’insegnamento di alcune discipline. Ne divenne inoltre direttore dal 1955 al 1978.

Insegnò archivistica, paleografia e diplomatica in diverse università pubbliche e pontificie, come l’Università laternanense (1934-1966), la Sapienza di Roma (1970-1979) e l’università di Macerata (1967-1970).

La lista delle sue pubblicazioni si distingue per ampiezza e varietà, dimostrando tutto il suo spessore scientifico. Tra i tanti lavori, è ricordato per il suo sostegno a imprese di grande e indiscusso valore, come Il Censimento degli Archivi Ecclesiastici d’Italia e l’Index Actorum Romanorum Pontificum.

Fu socio e membro di numerosi Istituti e Società, nazionali e internazionali, tra le quali: la Società Romana di Storia Patria, l’Istituto Nazionale di Studi Romani, il Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, la Pontificia Accademia Romana di Archeologia all’Associazione Archivistica Ecclesiastica, la Commissione Internazionale di Diplomatica, il Comité International de Paléographie Latine e molti altri. Saldo il legame con la sua città, come evidenziano l’appartenenza all’Associazione Archivistica Italiana al Gruppo dei Romanisti, agli Amici dei Musei di Roma, fino alla consegna nel 1996 del premio dei Cultori di Roma.

Giulio Battelli è morto a Roma il 10 marzo 2005.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1904

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Roma

Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1904

Alessandro Giuseppe Antonio Pertini nacque a Stella (SV) il 25 settembre 1896, da Alberto Gianandrea, proprietario terriero, e Maria Giovanna Adelaide Muzio.

Durante il ginnasio, gli insegnamenti del suo professore di filosofia, Adelchi Baratono, lo avvicinarono per la prima volta alle idee socialiste.

Chiamato alle armi, durante la Prima guerra mondiale dovette prestare servizio frequentando il corso per ufficiali. In qualità di sottotenente, venne mandato al fronte, dove si distinse per alcune azioni belliche che gli valsero la medaglia d’argento, che tuttavia rifiutò non essendo mai stato favorevole alla guerra.

Una volta congedato, conseguì la laurea dapprima in Giurisprudenza, presso l’università di Modena, e poi in Scienze politiche presso l’istituto “Cesare Alfieri” di Firenze.

Nell’agosto 1924 si iscrisse ufficialmente al Partito Socialista Unitario, sull’onda dello sdegno provocato dall’omicidio Matteotti.

Divenne presto bersaglio delle angherie e della violenza fascista, fu inoltre arrestato per otto mesi e mandato al confino di polizia per cinque anni.

Per sfuggire alla condanna, si recò in Francia assieme a Filippo Turati.

Fece rientro in Italia tre anni dopo, nel 1929, con l’obiettivo di riprendere le fila del Partito socialista verso la lotta al Fascismo e alla persona di Mussolini. Ma, nuovamente, venne arrestato e condannato a undici anni di reclusione: dopo sette anni di carcere, fu mandato al confino, rifiutando la richiesta di grazia fatta dalla madre.

Tornò libero il 13 agosto 1943 e subito si adoperò per la ricostituzione del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP), di cui divenne vicesegretario.

Il 10 settembre 1943, partecipò assieme a molti altri esponenti politici alla liberazione di Roma dai Tedeschi.

Tuttavia, assieme a Saragat fu arrestato pochi giorni dopo, il 15 ottobre, ed entrambi vennero condannati a morte.

La sentenza non ebbe luogo e i due riuscirono ad evadere grazie a una sommossa delle brigate partigiane. Azione che gli salvo la vita, poiché il suo nome era già stato iscritto nell’elenco dei condannati da fucilare nell’eccidio delle Fosse Ardeatine (24 marzo 1944).

Per la sua attività durante la Resistenza e il ruolo giocato nella difesa di Roma verrà insignito della medaglia d’oro al valor militare.

Terminato il conflitto bellico si dedicò per il resto della sua vita alla politica e al giornalismo.

Nel 1945 venne eletto segretario del PSIUP e deputato all’Assemblea costituente. Nel 1948, divenne Senatore della Repubblica. Fu Deputato parlamentare (1953, 1958, 1963, 1968, 1972, 1976), vice-presidente (1963) e presidente della Camera dei Deputati (1968, 1972).

Nel biennio 1946-1947 e poi ancora dal 1949 al 1951 fu direttore dell’Avanti.

L’8 luglio 1978 venne eletto Presidente della Repubblica Italiana, rassegnando poi le sue dimissioni il 29 giugno 1985.

Sandro Pertini morì a Roma il 24 febbraio 1990.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Savona > Stato civile italiano > Stella > 1896

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Savona

Per approfondimenti sulla figura di Sandro Pertini, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Umberto Gentiloni Silveri.

Archivio di Stato di Savona > Stato civile italiano > Stella > 1896

Maria Elvira Giuseppa Coda, poi coniugata Notari, nacque a Salerno il 10 febbraio 1875.

Dopo il diploma magistrale, si dedicò per qualche anno all’insegnamento nelle scuole. Fino al trasferimento a Napoli, dove incontrò il futuro marito, Nicola Notari, fotografo, che sposò nel 1902.

Iniziò affiancandolo nella colorazione a mano dei fotogrammi e delle pellicole cinematografiche e via via i due ampliarono la loro attività: poiché Napoli era all’epoca un territorio assai sensibile alla cultura cinematografica, decisero di aprire una casa di produzione, la Dora Film, destinata ad avere un successo internazionale.

Elvira, dotata di una spiccata creatività e spirito imprenditoriale, ne divenne di fatto la coordinatrice, dirigendo tra il 1906 e il 1930 oltre 60 sceneggiature, tra film e documentari.

I suoi soggetti preferiti erano tratti dalla realtà dei bassifondi napoletani: metteva in scena – spesso con attori non professionisti – storie di vita vera, intrecci e vicissitudini drammatiche, in cui il pubblico potesse rispecchiarsi.

Oltre il verismo, Notari mostrò una particolare attenzione anche alla psicologia dei personaggi, esigendo una recitazione che fosse il più realistica possibile, lontana dall’enfasi e dalle forzature del cinema internazionale.

L’intensa produzione della Dora Film ebbe un successo amplissimo, sino a sbarcare a New York, dove venne aperta una succursale, vista la grande richiesta e partecipazione tra i migranti italiani.

Tuttavia, nell’arco di alcuni anni, questo modo di fare cinema entrò in crisi: le forti restrizioni del regime fascista e il lento mutare delle mode e delle tendenze osteggiarono la produzione della cinematografia napoletana a favore di quella nazionale, ben più spettacolare e magniloquente.

Così, nonostante i numerosi tentativi di sopravvivere alla crisi, la Dora Film chiuse definitivamente i battenti nel 1930.

Elvira Notari si ritirò a Cava de’ Tirreni, dove morì il 17 dicembre 1946.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Salerno > Stato civile italiano > Salerno > 1875

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Salerno

Per approfondimenti sulla figura di Elvira Notari, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Antonella Pagliarulo.

Archivio di Stato di Salerno > Stato civile italiano > Salerno > 1875

Elena Di Porto nacque a Roma l’11 novembre 1912, da Angelo e Grazia Astrologo. Una famiglia ebrea residente nel ghetto romano, al civico 2 di via del Pianto.

Conosciuta come la “matta di piazza Giudia” per il suo temperamento fumantino e ribelle, fu nota per un episodio che la vide coinvolta, quando, dopo la promulgazione delle leggi razziali, assistette al pestaggio di un ebreo a opera di due fascisti e, non riuscendo a tacere, intervenne fisicamente per difendere l’uomo.

L’atto non restò impunito, costandole il carcere e il confino di polizia dal 1940 al 1942.

Quando fu liberata, ricominciò la lotta, organizzando rivolte e assalti contro i Tedeschi.  Durante il “sabato nero” degli ebrei romani, il 16 ottobre 1943, Elena riuscì a sfuggire alla retata, ma dopo aver saputo che la sorella e i nipoti erano stati catturati, decise di consegnarsi.

Venne così deportata ad Auschwitz, dove fu assassinata in data ignota.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1912

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Roma.

Alla sua figura si è ispirato Giacomo Debenedetti nel libro 16 ottobre 1943 per il personaggio di Celeste, una donna ebrea che diede l’allarme dell’imminente retata dei Tedeschi, ma che – poiché da molti ritenuta “pazza” – non venne creduta.

Un più attento e ampio profilo biografico è tratteggiato da Gaetano Petraglia nel volume La matta di piazza Giudia. Storia e memoria dell’ebrea romana Elena Di Porto, edito da Giuntina (2022).

Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1912

Ada Negri nacque a Lodi il 3 febbraio 1870 in una famiglia di umili condizioni.

Il padre, Giuseppe, morì quando lei aveva solo un anno e fu grazie alla madre, Vittoria Cornalba, che Ada riuscì a completare gli studi e ottenere il diploma di maestra elementare.

Parallelamente all’attività di insegnate, cominciò a pubblicare le sue prime poesie. Dapprima su riviste locali e poi, nel 1892 vide la luce la sua prima raccolta, Fatalità, che le portò un immediato successo.

Trasferitasi nel capoluogo lombardo, entrò in contatto con il Partito Socialista, intensificando il suo impegno per varie cause sociali. A seguito del matrimonio con Giovanni Garlanda e, soprattutto, dalla nascita delle sue due figlie, Bianca e Vittoria, quest’ultima morta dopo un mese di vita, le tematiche sociali lasciarono spazio ad altre, più introspettive e autobiografiche.

A questo periodo risalgono le raccolte Maternità (1904) e Dal Profondo (1910).

Separatasi dal marito nel 1913, si trasferì a Zurigo.

Fu, dal punto di vista compositivo, un periodo prolifico, in cui scrisse di esilio, patriottismo ed eventi autobiografici.

Rientrata in Italia, raggiunse l’apice della sua carriera con la nomina al Premio Nobel nel 1927 – poi vinto da Grazia Deledda – e il conferimento da parte del duce del “Premio Mussolini”, che la consacrò a “intellettuale del regime”, divenendo la prima donna membro dell’Accademia d’Italia.

Ada Negri morì a Milano l’11 gennaio 1945, a quasi settantacinque anni.

Puoi consultare l’atto di morte sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Milano > Stato civile italiano > Milano > Registro 7440, Parte I (1-398), Registro 3

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Milano

L’archivio personale di Ada Negri è conservato in diversi istituti. Il fondo più consistente (5500 lettere, 30 documenti, 30 fotografie) si trova presso la fondazione Banca Popolare di Lodi. Il fondo è stato digitalizzato ed è liberamente consultabile su Manus online.

Per approfondimenti sulla figura di Ada Negri, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Rossana Dedola.

Porzione del registro dei Morti dell'Archivio di Stato di Milano che contiene l'atto di Morte della poetessa Ada Negri.
Archivio di Stato di Milano > Stato civile italiano > Milano > Registro 7440, Parte I (1-398), Registro 3

Antonia Pozzi nacque a Milano il 12 febbraio 1912 da Roberto, avvocato, e dalla contessa Carolina Lavagna Sangiuliani di Gualdana.

Ricevette una formazione solida e rigorosa. Fin da adolescente iniziò a scrivere poesie, trovando ispirazione nella natura che circondava la sua amata casa di Pasturo, ai piedi delle Grigne (LC), che fu per lei luogo di rifugio e pace.

Una volta diplomatasi al liceo classico “Alessandro Manzoni”, iniziò una relazione con il suo professore di latino e greco, Antonio Maria Cervi, nonostante la ferma contrarietà della famiglia.

Iscrittasi alla facoltà di Filologia moderna dell’Università di Milano, ebbe l’opportunità di conoscere molti intellettuali del suo tempo, tra cui Vittorio Sereni, che divenne per lei un amico fraterno. In particolare, durante le lezioni di estetica di Antonio Banfi, entrò in contatto con diversi filosofi, poeti e editori dell’epoca, tra cui Remo Cantoni, Enzo Paci, Maria Corti, Alberto Mondadori, Livio Garzanti e numerosi altri. L’influenza di Banfi si rivelò profonda, tanto che sotto la sua guida Pozzi si laureò nel 1935.

Nonostante la sua formazione scolastica e accademica moderna e progressista, il suo percorso si scontrò con le aspettative familiari, ancora legate ai rigidi ruoli tradizionali della società altoborghese.

Conclusa l’università, si dedicò allo sport e ai viaggi, fino a che fu chiamata all’insegnamento presso un istituto tecnico, esperienza che visse come un modo per emanciparsi e distaccarsi dalla famiglia di origine.

Tuttavia, lo scarso apprezzamento che le sue poesie ricevettero tra i suoi amici e il suo stesso professore alimentò in lei una crescente inquietudine. A ciò si aggiunsero una cocente delusione amorosa e l’espatrio di amici costretti a lasciare l’Italia a causa delle Leggi razziali, aggravando così il suo senso di isolamento.

Travolta da quella che lei stessa definì una «disperazione mortale», Antonia Pozzi scelse di togliersi la vita a soli ventisei anni, il 3 dicembre 1938, presso Chiaravalle.

Tutte le sue poesie furono pubblicate postume: nonostante la discreta produzione in vita, Pozzi non tentò mai la via della pubblicazione. A seguito delle particolari circostanze della sua morte, il padre ritenne opportuno rimaneggiare alcuni dei suoi scritti, per oscurarne i passaggi più personali e controversi, prima di acconsentire alla pubblicazione (1939).

Al 1989 risale la prima pubblicazione integrale e priva di censure a cura di Onorina Dino.

Puoi consultare l’atto di morte sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Milano > Stato civile italiano > Milano > Registro 7440, Parte I (1587-1750), Registro 3

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Milano

L’archivio personale e la biblioteca di Antonia Pozzi sono oggi conservati presso il Centro nazionale insubrico “Carlo Cattaneo” e “Giulio Preti”

Per approfondimenti sulla figura di Antonia Pozzi, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Sara Lorenzetti.

Archivio di Stato di Milano > Stato civile italiano > Milano > Registro 7440, Parte I (1587-1750), Registro 3

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