Lo stato civile

Le registrazioni di stato civile furono introdotte in alcune regioni italiane a partire dal 1806, a seguito della loro annessione all’Impero francese e dell’introduzione del Codice civile. Tale sistema rimase in vigore fino alla caduta di Napoleone nel 1815.

Negli stati italiani restaurati dopo quella data, le soluzioni adottate furono diverse. Nell’ex Regno delle Due Sicilie, corrispondente all’incirca all’attuale Italia meridionale, lo stato civile ha una sua continuità dal 1809 in avanti. In Sicilia, esso fu introdotto soltanto nel 1820.

Nel Granducato di Toscana, con la Restaurazione, fu attuato un sistema misto in cui l’autorità laica riottenne in parte il controllo sullo stato civile: con il motuproprio del 18 giugno 1817 fu istituito l’Ufficio dello stato civile, un organo centrale dipendente dalla Segreteria del regio diritto con compiti di coordinamento e vigilanza sull’operato dei parroci e dei cancellieri in materia di stato civile e di gestione dei relativi documenti nel territorio dell’intero Granducato di Toscana.

Una copia dei registri compilati dai parroci doveva essere inviata a Firenze presso l’Ufficio dello stato civile. Lo stesso accadde, a partire dal 1837, nel Regno di Sardegna con l’introduzione del Regolamento per la tenuta dei registri destinati ad accertare lo stato civile, annesso alla lettera patente del 20 giugno: questa introdusse l’obbligo per i parroci di trasmettere ai Tribunali di Prefettura uno dei due originali degli atti di stato civile che sarebbero poi stati consegnati ai comuni territorialmente competenti.

Le registrazioni di stato civile presero avvio in tutte le regioni e province con continuità solo dopo l’Unità d’Italia nel 1866.  

Naturalmente nelle regioni acquisite al Regno d’Italia successivamente all’Unità, le serie dello stato civile iniziano dopo il 1866: per il Lazio e Roma dal 1870, dal 1871 in Veneto e Friuli (eccetto l’area rimasta agli austriaci), nel Trentino Alto Adige e nelle restanti province del Friuli dopo il 1918, cioè al termine della Prima Guerra Mondiale.

I registri di stato civile, principalmente per gli atti di nascita, di morte e di matrimonio, sono tenuti dai comuni. Essi sono compilati in duplice copia: una è conservata presso il comune e l’altra, fino al 2011, è stata consegnata al Tribunale di competenza il quale, esauriti i tempi di conservazione stabiliti dalla legge, procede al versamento nei corrispondenti Archivi di Stato.

Fino al 2001, la materia dello stato civile è stata infatti regolata dal r. d. 9 luglio 1939, n. 1238, Ordinamento dello stato civile. A seguito del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 369 Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, entrato in vigore il 1° aprile 2001, la vigilanza sulla tenuta dello stato civile da parte dei comuni è stata devoluta alle Prefetture, così come presso di esse da allora sono destinati a confluire i secondi originali dei registri.