La ricerca dei miei antenati: l’esperienza di un anno da ricordare
Mi chiamo Alberto Del Fra, vivo a Roma, ho il desiderio di lasciare ai miei figli e ai miei nipoti memoria dei nostri antenati, coloro che ci hanno trasmesso ciò che fa di noi ciò che siamo oggi.
Un anno fa ho avuto notizia da un mio amico dell’esistenza del Portale Antenati e da quel momento mi sono buttato a capofitto in un’avventura che giudico entusiasmante.
Il Portale mi ha fatto entrare in un mondo lontano, del quale avevo conoscenza solo dai libri di storia.
Com’è noto, la storia si avvale di documenti, attraverso i quali si ricostruiscono gli avvenimenti. Così è stato per me spulciando le iscrizioni di nascite, morti e matrimoni dei miei avi. Documenti in apparenza freddi e burocratici, che in realtà mi hanno fatto scoprire storie di caduta e di riscatto, liete e drammatiche dei miei avi, insieme al contesto generale nel quale essi sono vissuti.
Il paese d’origine dei Del Fra, per quanto ne sapevo, era Vasto (un paese del Chietino) in Abruzzo, quello della famiglia De Mauro di mia madre era Manfredonia in Puglia. Dalla conoscenza dei nomi dei miei nonni paterni, ho cominciato a cercare notizie negli archivi anagrafici di Vasto, ciò mi ha aperto un mondo. Ho trovato i miei bisnonni e poi i trisavoli, i quadrisavoli, i pentavoli, alcuni esavoli.
Credo di aver spulciato migliaia di documenti e al di là delle notizie trovate sui miei avi, mi si è presentato un quadro generale dei centri rurali del meridione, coerente con quanto narrato dai libri di storia.
I nostri avi maschi erano in gran parte braccianti, chiamati bracciali e contadini analfabeti, come si evince dalla dichiarazione dell’ufficiale anagrafico in calce a quasi tutti i documenti.
C’erano anche alcuni artigiani (calzolai, barbieri, sarti etc.), anch’essi spesso analfabeti, e pochissime persone abbienti, che avevano diritto al titolo di don nei documenti anagrafici.
Le ave erano invece casalinghe, tessitrici, cucitrici, anche contadine. Le mogli dei don avevano diritto al titolo di donna.
Nei matrimoni erano necessari i consensi dei padri degli sposi o, in caso di morte degli stessi, dei nonni paterni. Solo se morti anch’essi, il consenso veniva dato dalle madri. Un chiaro indizio di sistema patriarcale.
Impressionante la mortalità infantile: i registri dei morti sono colmi di nomi di bambini di pochi anni e talvolta di pochi giorni. Questo portava a un fenomeno curioso: la ripetizione dei nomi. Per esempio nasceva un bambino di nome Francesco che moriva presto. Il successivo nato veniva chiamato di nuovo Francesco. In vari casi ho trovato ben tre fratelli con lo stesso nome. Tra l’altro ho scoperto una cosa che probabilmente nemmeno mio padre sapeva: era il secondo Ettore della famiglia.
Evidentemente le scarse condizioni igienico/sanitarie e la mancanza di farmaci efficaci facilitavano la mortalità infantile.
Ovviamente anche l’indice di natalità era altissimo. Non era raro arrivare a un numero di figli in doppia cifra, fenomeno presente anche tra i miei avi.
Piuttosto rimarchevole era il fenomeno dei trovatelli, indicati come proietti. Chi li presentava all’ufficiale anagrafico era spesso la levatrice del paese.
C’era anche qualche ragazza che presentava un proprio figlio naturale, scegliendo coraggiosamente di allevare un figlio in una società che l’avrebbe tenuta al margine.
Un caso di questo genere capitò anche tra i miei antenati e merita un racconto. Una certa Carolina Di Guglielmo, cucitrice, ha una figlia naturale che chiama Maria alla quale insegna il suo mestiere. Probabilmente Maria non poteva essere considerata un buon partito. Un mio bisnonno Giovan Battista Del Fra, calzolaio, mestiere ereditato dal nonno paterno, lascia il suo luogo di nascita Tufo (un paese dell’Aquilano), il vero luogo d’origine dei Del Fra, per trasferirsi a Vasto. Compie un trasferimento inusuale per quei tempi, data la distanza ragguardevole tra le due località. Pure lui ha un marchio disonorevole: è figlio di un contrabbandiere ucciso dalle guardie doganali.
L’unione di queste due persone sfortunate porta a una famiglia che vive dignitosamente. Evidentemente Maria è una brava cucitrice e Giovanbattista un valente calzolaio, come si desume dalla firma in calce all’atto del matrimonio non era analfabeta, visto che danno una buona condizione ai figli maschi, in particolare a mio nonno Pasquale.
Pasquale infatti mette su una caffetteria e riesce a far diplomare tutti i figli maschi e a laurearne uno. Naturalmente le figlie femmine non sono messe nelle stesse condizioni. Queste ultime notizie provengono da una conoscenza diretta dei miei zii.
In definitiva quella dei Del Fra è una storia di riscatto a lieto fine.
Per quanto riguarda le vicende dei De Mauro la famiglia di mia madre. Già nella prima metà del ‘700 sono padroni di mulini a Manfredonia. Si capisce che la loro fortuna va crescendo col tempo. Evidentemente, pur non essendo don, erano considerati dei buoni partiti, si uniscono con varie famiglie di don, quella dei Rizzi di Manfredonia e quelle dei Garamone e dei Rosati, provenienti da altri paesi della Puglia.
Un personaggio che merita una menzione particolare è Pietro Rizzi (1814-1897), farmacista di Manfredonia, mio trisavolo, personaggio di cui spesso mi parlava mia madre. Egli per un periodo doveva darsi alla latitanza poiché giudicato sovversivo dal regime borbonico. Questo però non gli impedirà di tornare spesso di nascosto a casa, mettendo regolarmente incinta sua moglie, sposata pochi mesi prima dalla nascita del primogenito.
Pietro Rizzi fu assolto in tribunale. Pare che una testimonianza a carico di Pietro sia quella del curato del paese, che racconta di discorsi sovversivi fatti dal trisavolo nella sua farmacia. L’avvocato dice all’usciere di far entrare il parroco. L’usciere torna dicendo che il prete alla sua chiamata non ha risposto. E allora è gioco facile per l’avvocato: Signor giudice, come può il parroco affermare di aver udito discorsi sovversivi se è sordo?
Poi, però, come testimoniano i documenti anagrafici, avviene la diaspora dei De Mauro da Manfredonia. Ci sono degli atti di nascita e di morte che li riguardano in altri paesi della Puglia, ma non sarebbero stati sufficienti a farmi avere un quadro comprensibile, se non avessi conosciuto direttamente da mia madre i fatti essenziali. Il mio bisnonno Francesco Paolo De Mauro avalla per un amico una cambiale di importo notevolissimo. L’amico non la onora e il bisnonno deve vendere tutto, compreso il palazzo in cui abita, trasferendosi a Cerignola. Il figlio Leonida, elettrotecnico, per trovare lavoro emigra a Milano con i figli tra cui mia madre.
Seguono purtroppo sciagure di tutti i tipi. Muoiono in rapida successione Leonida (di spagnola), mentre la moglie Nunzia e tutti i fratelli e le sorelle di mia madre, moriranno a causa di varie malattie. Mia madre a Milano incontra mio padre, trasferitosi là da Vasto come bancario. Pensate che io non ho mai conosciuto un parente di mia madre.
Alla fine ho individuato 59 cognomi diversi dei miei avi.
A proposito di cognomi, va osservato che talvolta cambiano col passare del tempo. Per esempio all’inizio trovo il cognome Del Frà e non Del Fra, in genere nella prima metà del secolo XIX i Di o i Del all’inizio dei cognomi sono scritti con la minuscola, poi l’uso cambia. Analogamente di Mauro è diventato De Mauro, di Guglielmo si è mutato in De Guglielmo. Sovente cambiano le finali dei cognomi: per esempio Annecchino che muta in Annecchini.
Lo stesso succede per i nomi: una Rosanna all’atto di nascita diventa Rosaria al matrimonio e alla morte. Il Giovan Battista già ricordato, al matrimonio è Giovanni, alla morte Giovanni Battista.
Forse perché le nascite e le morti venivano trascritte avvalendosi solo di testimonianze orali di persone spesso analfabete che parlavano in dialetto, con conseguente possibilità di equivoci con l’ufficiale anagrafico.
Poiché la mia ricerca mi ha portato a consultare una miriade di registri anagrafici di vari paesi dell’Abruzzo e della Puglia, ho potuto osservare come in ogni località si ripetano sempre gli stessi cognomi, differenti però da paese a paese. Un fatto che testimonia come quelle comunità fossero piuttosto chiuse, con rari spostamenti o comunque limitati a località vicine. Il nostro Francesco Del Fra, con il trasferimento da Tufo a Vasto, è l’eccezione che conferma la regola.
Questa mancanza quasi totale di mobilità mi ha senz’altro facilitato il compito: quasi tutti i miei antenati sono nati, si sono sposati e sono morti nello stesso posto. In tal caso è bastato quindi scorrere i registri di una sola località per ricostruire la loro storia.
Dall’inizio del ‘900 in poi una tale ricerca sarebbe molto più complicata: per esempio mio padre e i suoi fratelli si sono tutti allontanati dal luogo di origine, andando ad abitare in grandi centri. Termino con l’auspicio che il progetto del Portale continui ad essere alimentato con la pubblicazione di nuovi registri e con un ringraziamento di cuore a tutti coloro che vi collaborano.