Guglielmo Giovanni Maria Marconi nacque a Bologna il 25 aprile 1874, da Giuseppe, ricco proprietario terriero, e Annie Jameson, irlandese, nipote del fondatore della nota distilleria Jameson&Son.

Trascorse l’infanzia nella villa di famiglia nei pressi di Sasso Marconi (BO), dove ricevette un’istruzione prevalentemente privata, saltuaria e d’impostazione fortemente sperimentale. Questo, assieme alla frequentazione dello scienziato Augusto Righi, segnò indelebilmente il suo percorso. Ancora giovanissimo, infatti, cominciò a dedicarsi da autodidatta agli esperimenti di trasmissione dei segnali a distanza, fino a quando, tra l’estate e l’autunno del 1895, l’apparecchio a cui stava lavorando riuscì a trasmettere e ricevere segnali per oltre un miglio, anche in presenza di ostacoli naturali.

La sensazionalità e l’utilità delle sue invenzioni resero necessario il suo trasferimento nel Regno Unito, al fine di ottenere più agevolmente i finanziamenti per il perfezionamento dei suoi lavori. Si trasferì a Londra e lì, il 2 luglio 1897, ottenne il brevetto per un sistema di telegrafia senza fili. In quello stesso periodo, inaugurò anche la prima azienda di sua proprietà, la Wireless Telegraph and Signal Company.

Di pari passo alla crescita della sua fama, anche le sue invenzioni si affinarono sempre di più, sino a consentire trasmissioni di segnali oltreoceano. Queste sperimentazioni vennero definitivamente messe a punto nel 1907, tanto che nell’ottobre di quello stesso anno la sua azienda, ribattezzata Marconi Company, inaugurò il primo servizio pubblico di radiotelegrafia attraverso l’oceano Atlantico, permettendo alle navi di lanciare l’SOS senza fili.

L’utilità del radio soccorso in mare si rese palese il 23 gennaio 1909, quando grazie all’efficienza di questo apparecchio si riuscirono a salvare gli oltre 1700 passeggeri del transatlantico Republic, che stava per affondare a causa di uno speronamento.

Questo evento di risonanza mondiale fu decisivo anche per l’assegnazione del premio Nobel per la fisica di quello stesso anno, che Marconi condivise con il fisico tedesco Carl Ferdinand Braun.

Gli anni successivi continuarono fitti di sperimentazioni e progressi, soprattutto a partire dal 1919 quando acquistò il panfilo “Elettra”, che allestì a stazione per le sue ricerche, dando vita ad alcuni dei più celebri esperimenti di trasmissione di segnali tra un continente e l’altro.

Negli anni a seguire, Marconi fu insignito di diverse cariche istituzionali: nel 1927, fu nominato presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche e, nel 1930, della Regia Accademia d’Italia, diventando automaticamente membro del Gran consiglio del fascismo.

Inoltre, quando il 12 febbraio 1931 fu inaugurata la stazione della Radio Vaticana, il cui saluto di apertura venne tenuto dallo stesso Marconi e dall’allora pontefice Pio XI, questo servizio gli valse la nomina di Accademico pontificio e il conferimento della Gran croce dell’Ordine di Pio IX.

A seguito di una grave crisi cardiaca, Guglielmo Marconi morì a Roma il 20 luglio 1937.

La rilevanza nazionale della sua figura e la considerazione del suo ingegno furono manifestati con la celebrazione dei funerali di Stato, cui parteciparono eminenti personalità del tempo, tra cui lo stesso Benito Mussolini, assieme a una folla di oltre 500 mila persone. Il suo volto venne anche inciso anche nelle banconote da 2000 lire emesse tra il 1990 e il 1992.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Bologna, Stato civile italiano, Bologna, Registro 287

A margine, presente la nota di cancelleria che segna l’avvenuto matrimonio con la prima moglie, l’irlandese Beatrice O’Brien, che venne celebrato a Londra il 16 maggio 1905 e dalla quale Marconi divorziò nel 1924. Poco sotto, è segnato l’atto di matrimonio con la seconda moglie, Maria Cristina Bezzi-Scali, avvenuto a Roma il 12 giugno 1927.

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Bologna.

Per approfondimenti sulla figura di Guglielmo Marconi, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Maria Grazia Ianniello.

Archivio di Stato di Bologna > Stato civile italiano > Bologna > Registro 287

Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti, detta Tina, nacque il 17 agosto 1896 a Udine, all’interno di una famiglia numerosa e di condizioni assai modeste.

Nel 1905, il padre, Giuseppe, emigrò negli Stati uniti in cerca di fortuna. Per questo motivo, all’età di dodici anni, Tina fu costretta a lavorare come operaia presso una fabbrica tessile nella periferia della città. A questi anni risalgono anche le prime frequentazioni dello studio fotografico dello zio paterno, Pietro Modotti, e l’apprendimento dei primi rudimenti di fotografia.

Nel 1913 emigrò anche lei, raggiungendo il padre e una delle sue sorelle. Lì, dopo un periodo come operaia, iniziò a posare come modella e si avvicinò alla recitazione, ottenendo un discreto consenso e apprezzamento.

Nel 1918, sposò il pittore e poeta Roubaix de l’Abrie Richey, soprannominato Robo, con il quale si trasferì a Los Angeles. Fu lui a introdurla negli ambienti politicamente e artisticamente più stimolanti della città e a presentarla al fotografo di fama internazionale Edward Weston, che presto divenne il suo maestro nell’arte fotografica. Dal canto suo, Modotti divenne la sua modella preferita, la sua musa e, infine, la sua amante.

Assieme si trasferirono in Messico, dove viaggiarono a lungo scattando fotografie che venivano pubblicate su diverse riviste, ottenendo premi e riconoscimenti. La bravura di Modotti cresceva di pari passo al suo stile, che si faceva via via più definito e personale: la fotografia divenne lo strumento per veicolare messaggi che avevano una portata antropologica, sociale e politica sempre più forte, denunciando la povertà, il degrado e la disparità sociale.

Divenne la fotografa ufficiale del movimento muralista messicano e cominciò a prendere parte a diverse forme di attivismo. Questo suo coinvolgimento e le sue amicizie influenti – come, ad esempio, con la pittrice Frida Kahlo e suo marito Diego Rivera – le offrirono la fama, consacrando il periodo più intenso della sua arte.

Tuttavia, a causa di alcuni scandali e accuse infondate che la vedevano coinvolta come complice tanto nell’omicidio del suo compagno dell’epoca, Julio Antonio Mella, quanto dell’attentanto al presidente Pascual Ortiz Rubio, Tina Modotti venne espulsa dal Messico nel 1930. Da quel momento, smise di fotografare per tutti i dodici anni che le rimasero da vivere.

Si trasferì a Berlino, da dove viaggiò a lungo e in largo tra l’Europa e l’Unione Sovietica. E, nel 1935, assieme al suo nuovo compagno, Vittorio Vidali, partecipò alla Guerra civile spagnola, fino al 1939, quando assieme fecero ritorno in Messico sotto falso nome.

Tina Modotti morì il 5 gennaio 1942 a Città del Messico.

Secondo alcuni fu uccisa a seguito del suo coinvolgimento in molti scenari politici, essendo diventata ormai una presenza scomoda; secondo altri, a seguito di un arresto cardiaco. Fu il poeta Pablo Neruda a comporre l’epitaffio che campeggia sulla sua lapide, nel cimitero Panteón de Dolores nella capitale messicana, dove venne sepolta.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Udine > Stato civile italiano > Udine > 1896

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Udine

Per approfondimenti sulla figura di Tina Modotti, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Giuliana Muscio.

Archivio di Stato di Udine > Stato civile italiano > Udine > 1896

Leopoldo Cassese nacque ad Atripalda (AV) il 20 gennaio 1901.

Dopo la laurea in Lettere nel 1925 presso l’università Federico II di Napoli, si diplomò presso la Scuola per archivisti e bibliotecari paleografi di Firenze, dove fu allievo di Luigi Schiaparelli, con il quale collaborò anche alla stesura della Guida storica e bibliografica degli Archivi e delle Biblioteche d’Italia.

Nel 1930, divenne direttore dell’Archivio di Stato dell’Aquila; di questo periodo si ricordano il suo Studio sull’antico Archivio del Comune di Aquila e la trascrizione del Codice degli Statuti del Comune (secc. XIII-XIV).

A partire dal 1934, invece, ricoprì lo stesso incarico presso l’Archivio di Stato di Salerno, fino alla sua morte. Anche qui si dedicò all’attività di studio e ricerca, pubblicando la Guida storica dell’Archivio di Stato di Salerno e maturando di un vivo interesse verso il passato della Scuola Medica Salernitana, di cui studiò approfonditamente i documenti sopravvissuti e conservati in Archivio di Stato.

Parallelamente all’attività dirigenziale, a partire dal 1951 si dedicò anche alla libera docenza universitaria, in qualità di professore di Archivistica sia presso la Federico II di Napoli sia presso la Sapienza di Roma.

Orientò, inoltre, i suoi interessi verso la storia del meridione italiano e in particolare alle lotte contadine fra Otto e Novecento, complice anche l’avvicinamento al marxismo che aveva avuto con l’approssimarsi della Seconda Guerra mondiale e l’influenza di alcune amicizie come quella di Piero Gobetti, Giorgio Pasquali, Luigi Russo e Tommaso Fiore e con i conterranei Guido Dorso e Carlo Muscetta.

Durante il periodo bellico, si adoperò per la messa in sicurezza dei i materiali archivistici dai bombardamenti e, una volta terminato il conflitto, si dedicò laboriosamente all’opera di ricostruzione e riqualificazione – attraverso mostre, dibattiti, conferenze – di tutto quel patrimonio documentario e culturale che aveva particolarmente a cuore.

Leopoldo Cassese morì a Roma il 3 aprile 1960.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Avellino > Stato civile italiano > Atripalda > 1901

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Avellino

Per approfondimenti sulla figura di Leopoldo Cassese, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Pietro Laveglia.

Archivio di Stato di Avellino > Stato civile italiano > Atripalda > 1901

Luigi Numa Lorenzo Einaudi nacque a Carrù (CN) il 24 marzo 1874.

Rimasto presto orfano di padre, si trasferì a Dogliani, paese natale della madre, assieme a lei e i suoi tre fratelli. Frequentò il convitto nazionale Umberto I di Torino e si diplomò con successo al liceo classico Cavour, per poi laurearsi con il massimo dei voti in Giurisprudenza presso l’Ateneo della stessa città. Durante quegli anni, partecipò anche al Laboratorio di economia politica, fondato e diretto dall’economista Salvatore Cognetti De Martiis, che fu il suo primo mentore.

Proprio al periodo universitario risale il suo avvicinamento al movimento socialista, grazie anche alla collaborazione con la rivista Critica sociale, diretta da Filippo Turati. 

Dopo un breve periodo di insegnamento presso le scuole secondarie – dove conobbe la sua futura moglie, Ida Pellegrini, che era sua allieva in quegli anni -, nel 1902 vinse la cattedra di Scienza delle finanze pressò l’università di Torino. Negli anni successivi, si dedicò all’insegnamento e alla produzione scritta, tanto accademica quanto giornalistica, prestando la firma a migliaia di articoli per numerose riviste come La stampa, Il Corriere della sera e L’Unità.

Il 6 ottobre 1919 venne nominato senatore del Regno d’Italia, su proposta di Francesco Saverio Nitti.

Nonostante una prima condivisione delle scelte economiche compiute da Benito Mussolini, nel periodo successivo Einaudi mostrerà una progressiva e sempre più radicata diffidenza, che lo condurrà a prendere le distanze dal fascismo: sarà infatti uno dei firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce nel 1925.

Dietro pressioni esterne giurò formalmente la sua fedeltà al regime per mantenere l’insegnamento universitario, tuttavia fu uno dei senatori che votarono contro la legge elettorale che sanciva la lista unica formata dal Gran consiglio del fascismo (1928), come anche si dichiarò contrario alla Guerra d’Etiopia e alle leggi razziali del 1938.

Conclusa la guerra e caduto il regime fascista, Einaudi fu nominato rettore dell’Università torinese. Trasferitosi in Svizzera con la moglie e i suoi tre figli, si dedicherà alla produzione scritta, rivelandosi un “europeista ante litteram”, che auspicava un’Europa federalista, in virtù di quel principio di cooperazione internazionale in cui credeva fermamente.

L’11 maggio 1948 lo statista piemontese fu eletto Presidente della Repubblica con 518 voti su 872 (59,4%), rimanendo in carica fino all’11 maggio 1955.

Morì a Roma il 30 ottobre 1961.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Cuneo > Stato civile italiano > Carrù > 1874

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Cuneo.

Per approfondimenti sulla figura di Luigi Einaudi, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Riccardo Faucci.

Il suo archivio personale è conservato presso la Fondazione Luigi Einaudi Onlus.  

Archivio di Stato di Cuneo > Stato civile italiano > Carrù > 1874

Salvatore Ferragamo – registrato all’anagrafe come Salvadore – nacque a Bonito (AV) il 5 giugno 1898.

Undicesimo di quattordici figli, dovette cominciare a lavorare all’età di 9 anni per aiutare la famiglia che viveva in condizioni economiche disastrate: iniziò l’apprendistato presso la bottega del calzolaio del paese, dove la sua naturale propensione verso la professione e l’innata abilità lo portarono presto ad aprire un’attività in proprio. All’età di 14 anni, infatti, era già un piccolo imprenditore, che aveva alle sue dipendenze ben quattro lavoratori.

Nel 1914, si trasferì negli Stati Uniti per raggiungere alcuni dei suoi fratelli, emigrati prima di lui alla ricerca di fortuna. Trovò facilmente lavoro, riuscendo anche lì ad aprire una propria attività, prima a Santa Barbara e poi a Hollywood.

Parallelamente, seguì diversi corsi serali e per corrispondenza presso diverse università americane, tra cui anatomia, matematica e ingegneria chimica; tutte discipline che gli fornirono una solida base tecnico-scientifica per perfezionarsi nel suo lavoro.

L’apertura dell’Hollywood Boot Shop, nel 1923, lo consacrò definitivamente come “il calzolaio delle stelle”, tale era la richiesta dei divi hollywoodiani per acquistare da lui scarpe personalizzate e su misura, ricche di inventiva e creatività. La richiesta di produzione crebbe a tal punto da indurlo a rientrare in Italia e trasferirsi a Firenze, dove aprì un laboratorio manuale di calzature, in cui circa 60 dipendenti realizzavano scarpe sui modelli da lui disegnati.

Dopo un breve periodo di crisi all’inizio degli anni ’30, l’attività di Ferragamo si potenziò notevolmente, portando il suo nome all’attenzione internazionale e aprendo filiali in varie città europee. Nel 1937, inoltre, brevettò una delle sue più celebri creazioni, il tacco a zeppa di sughero, che divenne una moda di successo a livello mondiale; mentre, nel 1947 ricevette, insieme a Christian Dior, il Neiman Marcus Award, considerato l’Oscar della moda riservato ai  professionisti del settore distintisi a livello internazionale.

Negli anni Cinquanta, grazie all’ascesa della moda italiana e del boom economico, l’azienda Ferragamo registrò una crescita significativa, contando circa 700 dipendenti e una produzione giornaliera di 350 paia di scarpe, ancora realizzate prevalentemente a mano.

A seguito di alcune complicazioni del suo stato di salute, morì a Firenze il 7 agosto 1960.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Avellino > Stato civile italiano > Bonito > 1898

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Avellino.

Per approfondimenti sulla figura di Salvatore Ferragamo, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Valeria Pinchera.

L’archivio di Salvatore Ferragamo – che conta numerose calzature, borse, brevetti, disegni, fotografie e altri accessori  –  è conservato presso l’omonimo museo, inaugurato nel 1995 presso la storica sede dell’azienda, a Firenze.

Archivio di Stato di Avellino > Stato civile italiano > Bonito > 1898

Egle Renata Romana Trincanato nacque a Roma il 3 giugno 1910.

Ebbe un’infanzia segnata dai frequenti trasferimenti a seguito del lavoro del padre, Alessandro Ernesto, che era un commerciante originario di Piove di Sacco (PD); la madre, Alice Antonietta Formenti, invece, era una modista.

Solo nel 1926, i Trincanato si trasferirono definitivamente a Venezia; dove, dopo il diploma di maturità artistica, Egle si iscrisse al Regio Istituto Superiore di Architettura. Fu durante il percorso universitario che conobbe Guido Cirilli, suo primo maestro, e l’architetto palermitano Giuseppe Samonà, cui fu legata da un profondo sodalizio professionale e affettivo e con il quale, negli anni successivi, collaborerà a numerosi progetti, come l’edificio INA-Casa di Treviso (1949-1953), i nuovi uffici dell’INAIL a Venezia (1951-1956) e l’ideazione sperimentale del quartiere INA-Casa San Giuliano a Mestre.

Nel 1938, fu la prima donna a conseguire la laurea in Architettura presso l’ateneo veneziano, ottenendo il massimo dei voti. Cominciò subito a esercitare la professione, mantenendo attivo anche l’insegnamento nei licei. Sin dall’inizio, i suoi interessi furono orientati verso l’urbanistica veneziana, con uno sguardo al passato e un occhio rivolto al moderno.

La sua tempra è ben palesata da un episodio del 1947, quando, in occasione di un bando del comune per la qualifica di Capo Ripartizione della Divisione tecnico-artistica, che escludeva la partecipazione delle donne, Trincanato fece ricorso, ottenendo la modifica del bando.

Le sue pubblicazioni e il suo coinvolgimento in numerosi progetti del comune di Venezia contribuirono in modo significativo all’apprezzamento del suo valore professionale: nel decennio 1954-64, infatti, ricoprì il prestigioso incarico di direttrice di Palazzo Ducale, che lasciò solo quando vinse il concorso per la cattedra di Elementi di architettura e rilievo dei monumenti presso il Politecnico di Torino. Si occupò, inoltre, di numerosi restauri e curò l’allestimento di molteplici mostre pittoriche.

Nel 1974, divenne vice direttrice dello IUAV (Istituto Universitario di Architettura di Venezia), mentre l’anno successivo fu nominata direttrice dell’Istituto di Rilievo e Restauro, dipartimento da lei ideato, voluto e fondato.

Continuò a ricoprire numerosi incarichi e ricevere premi – tra cui la medaglia d’oro ai Benemeriti della Scienza e della Cultura da parte del Presidente della Repubblica (1997) – lavorando instancabilmente ai suoi progetti e ai suoi scritti fino agli ultimi anni della sua vita.

Morì a Mestre il 5 marzo 1998.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1910

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Roma.

L’archivio di Egle Trincanato (1860-1998; 1131 unità) è conservato presso lo IUAV – Archivio Progetti.

Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1910

Carlo Rosselli nacque a Roma il 16 novembre 1899, da Giuseppe Emanuele “Joe”, musicista, e Amelia Pincherle, scrittrice teatrale e attivista antifascista, nonché zia paterna del noto scrittore Alberto Moravia.

Appartenente a una delle più abbienti famiglie ebree di Roma, ancora bambino si trasferì a Firenze assieme alla madre, a seguito del divorzio dei genitori.

Nonostante l’iniziale ritrosia nei confronti della scuola, durante la Prima guerra mondiale diede avvio, assieme al fratello Nello, alla rivista Noi giovani, ispirata alle idee liberali e mazziniane.

Questa prima esperienza giornalistica fu l’occasione per lasciar emergere le sue principali inclinazioni: da un lato, lo spiccato interesse verso le questioni internazionali e, dall’altro, la sua solidarietà verso i ceti più popolari, così lontani dal suo status di nascita, verso cui per lungo tempo provò un senso di disagio. Non è un caso che anche la sua tesi di laurea – elaborata sotto la supervisione di Gaetano Salvemini – avesse come oggetto il sindacalismo, tra impegno attivo e coscienza civica.

Alla momento della salita al potere di Mussolini, Rosselli si trasferì a Torino, dove si avvicinò agli ambienti del socialismo liberale, conoscendo personalità del calibro di Giacomo Matteotti, Piero Gobetti, Ernesto Rossi e Piero Calamandrei, assieme ai quali partecipò attivamente al dibattito politico, approfondendo e scrivendo ampiamente attorno ai temi del liberalismo e dell’importanza dell’azione politica.

A seguito dell’omicidio Matteotti (1924), che segnò profondamente la sua vita, divenne membro del gruppo dirigente del Partito socialista dei lavoratori italiani (PSLI) e, assieme ad altri, si occupò dell’espatrio di alcuni leader socialisti: nel dicembre 1926, infatti, mise in salvo Filippo Turati; gesto che gli costò l’arrestato e cinque anni di confino a Lipari.

Riuscì, tuttavia, a fuggire e raggiungere la Francia, dove, assieme a un gruppo di altri italiani espatriati costituì, nel 1929, il movimento Giustizia e libertà (GL), che raccoglieva socialisti, repubblicani ed esponenti sindacali.

Da lì, si trasferì in Spagna, sposando la causa repubblicana e partecipando attivamente alla guerra civile (1936-1939), a capo di un commilitone che prese il nome di Colonna Italiana. Rimasto ferito durante uno scontro con gli anarchici, Rosselli lasciò il comando della Colonna, decidendo di fare ritornò a Parigi all’inizio del 1937.

Morì assassinato, assieme al fratello Nello, il 9 giugno 1937 a Bagnoles-de-l’Orne, in bassa Normandia, in un agguato organizzato dai servizi italiani.

I funerali dei fratelli Rosselli, si svolsero a Parigi il 19 giugno di quello stesso anno, dando luogo a una grande manifestazione antifascista senza distinzione di classe.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1899

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Roma.

Per approfondimenti sulla figura di Carlo Rosselli, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Mauro Moretti.

Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1899

Caterina Marianna Percoto nacque a S. Lorenzo di Soleschiano sul Natisone (UD) il 19 febbraio 1812.

Figlia di ricchi proprietari terrieri di nobili origini, fu l’unica bambina dei sette figli di Antonio e Teresa Zaina. Venne avviata agli studi presso l’educandato “S. Chiara”, dove rimase fino all’adolescenza, quando la madre, rimasta vedova, non potendo più sostenere la retta, fu costretta a ritirarla e farle proseguire la formazione scolastica da autodidatta, incaricandola anche dell’educazione dei fratelli minori.

Caterina, che si mostrò precocemente dedita alla scrittura, fece il suo debutto letterario nel 1839, sulla Favilla di Trieste, grazie all’amico e padre spirituale don Pietro Comelli, che aveva segretamente inviato alcuni suoi scritti alla rivista: la sua prosa non di maniera, descrittiva, schietta, patriottica e audace, ebbe un immediato successo.

Nell’agosto 1847, uscì nella milanese Rivista europea, diretta da Carlo Tenca, la novella L’Album della suocera. Questo incontro con Tenca fu per lei cruciale, segnando il suo debutto negli ambienti letterari del nord Italia, dove Percoto – seppur sempre relegata nella campagna friulana – partecipò con intense relazioni epistolari con molti personaggi dell’élite culturale dell’epoca.

Poco più tardi, negli anni Cinquanta, iniziò a scrivere anche in lingua friulana, facendosi custode della tradizione e narrativa popolare: nel 1863 furono, infatti, pubblicati, i due volumi dei Racconti, una raccolta di favole friulane editi da Le Monnier.

Oltre l’attività narrativa, proseguì le sue collaborazioni giornalistiche; tra queste, degna di nota, vi fu senz’altro quella con La Ricamatrice. Giornale di cose utili ed istruttive per le famiglie, un periodico dedicato all’educazione della donna, all’interno del quale scrisse numerosi raccontini di impostazione didattico-pedagogica. Proprio il filone della letteratura didascalica femminile fu quello che precorse maggiormente: Caterina Percoto, infatti, con vivacità e con una sensibilità “moderna”, prese a cuore il tema dell’educazione della donna, a suo a viso troppo spesso impreparata a far fronte alle esigenze della vita – familiare e no – e non di rado con un livello culturale e linguistico eccessivamente basso.

Poco dopo l’annessione delle province venete al Regno di Italia, i suoi lavori e questa sua attenzione alla tematica dell’educazione femminile le valsero anche un riconoscimento ufficiale, con la nomina tra le «donne egregie» individuate dal ministro Cesare Correnti per i loro meriti letterari; a lei, nel 1871, fu inoltre affidato l’incarico di ispettrice straordinaria degli istituti femminili veneti di educazione e di carità, al fine di supervisionarne le condizioni e il livello educativo che vi veniva impartito.

Morì a Udine il 15 agosto 1887.

Puoi consultare l’atto di nascita e l’atto di morte di Caterina Percoto sul Portale Antenati: rispettivamente Archivio di Stato di Udine > Stato civile napoleonico > San Lorenzo di Soleschiano (oggi frazione di Manzano) > 1812 e Archivio di Stato di Udine > Stato civile italiano > Manzano > 1887

Gli originali sono conservati presso l’Archivio di Stato di Udine

Per approfondimenti sulla figura di Caterina Percoto, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Adriana Chemello.

Archivio di Stato di Udine > Stato civile napoleonico > San Lorenzo di Soleschiano (oggi frazione di Manzano) > 1812

Salvatore Giacomo Tommasi nacque a Roccaraso (AQ) il 26 luglio 1813, da Francesco e Maria Giuseppa Marini.

Ancora ragazzo, aderì agli ideali risorgimentali durante i moti del 1831, motivo per cui venne registrato come sobillatore dalla polizia politica dello Stato pontificio.

Si iscrisse alla facoltà di Medicina, conseguendo la laurea a Napoli, presso l’Università Federico II, nel 1838. Avviata la carriera accademica, nel 1844 diede vita alla rivista Il Sarcone. Giornale di medicina e scienze affini, grazie alla quale introdusse in Italia gli studi e le ricerche più all’avanguardia condotte a livello europeo.

Nel luglio di quello stesso anno, nonostante l’ostinata opposizione dei suoi genitori, si unì in matrimonio con la corregionale Emilia Organtini, la cui famiglia era profondamente malvista dai Tommasi.
Durante il suo percorso professionale, Tommasi si appassionò sempre più alla visione filosofica di Georg Hegel: un interesse che lo spinse verso l’attivismo politico e la condivisione delle idee liberali che si stavano diffondevano nel Regno: tuttavia, l’elezione in qualità di deputato al Parlamento – istituito con la Costituzione del 29 gennaio 1848 –, gli costò la rimozione dagli incarichi accademici e la prigione.

Costretto all’esilio, si stabilì a Torino, dove continuò – seppur con fatica – a dedicarsi alla ricerca e alla frequentazione degli ambienti scientifici e culturali, contribuendo anche alla fondazione della “Società delle scienze biologiche”.

Nel settembre 1860, Tommasi giocò un ruolo chiave nelle complesse trattative tra Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi, riguardanti il destino del Regno delle Due Sicilie. Si fece infatti promotore di una petizione da parte delle municipalità abruzzesi che chiedevano l’annessione al nascente Regno d’Italia, aprendo anche la strada verso Napoli all’esercito piemontese. La sua fedeltà alla causa monarchica gli valse la nomina a senatore del Regno d’Italia, nel 1864.

A questo, l’anno seguente, si aggiunse anche la titolarità della cattedra di Clinica medica presso l’università Federico II, grazie alla quale poté attuare la sua idea che la medicina, unita al progresso scientifico e tecnologico, dovesse essere finalizzata – con azioni concrete – al miglioramento delle condizioni di vita. Questa visione pioneristica, che concepiva la scienza come una missione a servizio dell’uomo e della collettività, costituisce il fulcro del suo lascito sociale.

Morì a Napoli il 13 luglio 1888.

Puoi consultare l’atto di nascita di Salvatore Tommasi sul Portale Antenati: Archivio di Stato dell’Aquila > Stato civile napoleonico > Roccaraso > 1813

Puoi consultare l’atto di nascita di Emilia Organtini sul Portale Antenati: Archivio di Stato dell’Aquila > Stato civile napoleonico > Pettorano sul Gizio > 18/04/1814-16/12/1814

Sul Portale sono inoltre disponibili l’atto della promessa di matrimonio, il memorandum dell’atto di notificazione e il processetto, che contiene tutti i faticosi tentativi per ottenere il consenso dei genitori del Tommasi, che mai acconsentirono all’unione.

La documentazione originale è conservata presso l’Archivio di Stato dell’Aquila.

Per approfondimenti sulla figura di Salvatore Tommasi, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Marco Segala.

Archivio di Stato dell’Aquila > Stato civile napoleonico > Roccaraso > 1813

Palma Bucarelli nacque a Roma il 16 marzo 1910.

Visse un’infanzia piuttosto nomade, a seguito del padre, Giuseppe, che era funzionario alla prefettura di Stato. Alla madre, Ester Loteta Clori, invece, sarà debitrice delle inclinazioni verso l’arte, l’eleganza e la moda, che svilupperà nel corso degli anni.

Laureatasi in Storia dell’arte, superò appena ventitreenne il concorso pubblico per il Ministero dell’educazione nazionale in qualità di ispettore alle Antichità e alle Belle Arti.

Cominciò a lavorare presso la Galleria Borghese (1933-36), per poi essere trasferita per un periodo a Napoli e tornare a Roma, nel 1939, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea in qualità di ispettrice. Dal 1941, ne assunse il ruolo di soprintendente, guidando la Galleria con appassionato impegno, per oltre trent’anni, fino al 1975.

Trascorse il primo periodo lì nel tentativo di mettere in salvo quante più opere possibili dai bombardamenti della guerra in atto. Ma solo una volta terminato il conflitto bellico, inizierà a emergere il suo profilo da dirigente, con i suoi gusti inclini all’astrattismo e all’arte informale. Gli anni ’50 furono, infatti, quelli delle mostre più celebri, da Picasso a Pollock, da Mondrian a Burri, che le varranno un grande successo e consenso, ma al contempo anche numerose disapprovazioni, tanto sul piano culturale quanto su quello dirigenziale.

Tuttavia, con la fierezza e il piglio sicuro che caratterizzarono la sua persona, Bucarelli fece fronte a queste critiche, trasformando gli anni ’60 in quelli del suo successo definitivo: riconosciuta e apprezzata a livello internazionale, questo le darà la spinta per una rinnovata apertura al mondo artistico.

Nel 1972 ricevette, inoltre, la Légion d’Honneur e divenne Accademica di San Luca, mentre nel 1975 fu nominata Grande ufficiale della Repubblica.

Nel corso della sua vita sarà legata sentimentalmente al giornalista Paolo Monelli, per 48 anni, fino alla scomparsa di lui, avvenuta nel 1984.

Il nome di Palma Bucarelli è indissolubilmente legato a quello della Galleria Nazionale, poiché ebbe la capacità di ricoprirne un ruolo dirigenziale con estrema sapienza e intuizione, con la lungimiranza di chi concepiva il museo come un luogo di aggregazione in cui immergersi alla scoperta dell’arte: una visione museale che precorse i tempi e che le viene, ancora oggi, profondamente riconosciuta.

Morì a Roma il 25 luglio 1998.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1910

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Roma.

Il suo archivio personale fu donato da lei stessa all’Archivio Centrale dello Stato nel 1998, dove è tutt’oggi conservato.

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