In un volume di documenti di matrimonio dal paese di San Valentino in Abruzzo Citeriore per l’anno 1822, si trova il seguente, piuttosto drammatico racconto, riguardo la morte di un antenato di mia madre, mio 4° bisnonno:
Nell’anno mille ottocento sette, 1807. Nel giorno primo di Settembre. Bartolommeo (sic) figlio di Giuseppe Di Giambattista, marito di Isabella Di Domenico, nell’eta sua d’anni cinquantadue circa, nella Communione della Santa Madre Chiesa Cattolica, sul terreno detto della Regia Camera, e specialmente tra le case rurali di Camillo Sant’Angiolo e di Nicola Marulli rese l’anima a Dio, che fuggendo fu ucciso dai Francesi, che perseguitavano i Briganti, a colpi di schioppo, al quale proprio fu ucciso il Capo, perchè fu creduto anch’esso compagno de’ Briganti, il di cui corpo fu qui sepolto nella Chiesa parrocchiale di San Donato.
Questo documento, copiato dal registro dei morti dalla Chiesa di San Donato in San Valentino, fu presentato da Tommaso Di Giambattista, figlio di Bartolomeo, al suo matrimonio nel 1822. Come documentazione della morte di suo padre, sarebbe stato usato invece del consenso dei genitori che fu necessario in quel tempo. I dettagli della morte di Bartolomeo sono notevoli siccome danno testimonianza alla violenza che fu possibile in Abruzzo e quasi ovunque in Italia durante questo tempo, cioè, durante l’era napoleonica di 1806-1815, quando il Regno di Napoli fu fondamentalmente uno stato cliente della Francia. Questa fu preceduta da un’invasione più prima di 1798. Entrambe le invasioni generarono insorgenze fra il popolo, con il termine “brigante” usato per denotare coloro che si ingaggiarono in insurrezione. Il destino di Bartolomeo è strettamente legato a questi insorti, essendo apparentemente stato ucciso in qualche tipo di ingaggio tra loro e le truppe francesi.
È interessante che l’arciprete di San Donato nel 1807 lasci alquanto ambiguo il vero coinvolgimento di Bartolomeo nell’insorgenza contro i francesi. Fu un vero brigante combattendo i francesi? O fu un passante catturato in una contesa? Qualunque sembra possibile. È anche commovente che Bartolomeo sia stato sparato vicino la casa di Camillo Sant’Angiolo (Santangelo). Fu sua figlia, Angela Domenica Santangelo, chi sposò il figlio di Bartolomeo, Tommaso, mio 3° bisnonno, nel 1822.
Quattro anni prima del matrimonio di Tommaso, un altro matrimonio si tenne a San Valentino tra una coppia più anziana. Michele Antinucci fu un vedovo di 50 anni quando sposò la vedova Domenica Pascetta. Suo padre, Crescenzo, come il padre di Tommaso, era anche deceduto, e quindi il seguente decreto fu inserito con i suoi documenti di matrimonio. Anche simile a Bartolomeo Di Giambattista, le circostanze della morte di Crescenzo Antinucci danno testimonianza, sebbene piuttosto meno esplicitamente, alle tragedie che la gente comune dell’Abruzzo soffrì a causa della situazione politica precaria durante questo periodo:
…si è presentato Michele Antinucci di detto Comune, figlio del fu Crescenzo Antinucci, e della fu Cecilia d’Antino, contadino di anni cinquanta, ed ha ascerito di non poter esibire l’atto di morte del detto fu suo Padre, da cui dovrebbe avere il consenso per il Matrimonio, che intende contrarre con Domenica Pascetta di detto luogo, stante che Egli ignora l’ultimo domicilio e la morte di detto fu suo Padre, per essere stato posto nelle mani della Giustizia in tempo delle passate emergenze, e propriamente nell’anno mille ottocento e nove…
Crescenzo, antenato di mio padre e mio 5° bisnonno, fu evidentemente arrestato nel 1809. A questo punto, fondato sulle informazioni nel Catasto Onciario di San Valentino di 1775, lui sarebbe stato un anziano di circa 75 anni. Sembra che non si sia più saputo nulla di lui dopo il suo arresto nel 1809, e allora la sua famiglia presumé che lui sia stato ucciso, probabilmente giustiziato. Ci sono pochi dettagli qui e quindi non si sa certamente le circostanze vere dell’arresto. Però, la frase “in tempo delle passate emergenze” è forse un indizio. Nel 1809 il governo napoleonico a Napoli sotto Gioacchino Murat, per combattere gli sforzi insorti dei briganti che continuavano, fondò commissioni militari per processare coloro sospetti di essere coinvolti. Coloro giudicati colpevoli non potevano fare appello e erano sommariamente giustiziati. Questo documento perlomeno suggerisce questo scenario come la sorte possibile di Crescenzo Antinucci. Portato via per affrontare una commissione militare per un sospetto coinvolgimento con l’insorgenza nel 1809, è possibile che sia stato giustiziato senza la sua famiglia sapendo i dettagli precisi.
Vorrei concludere con un altro resoconto da questo periodo del quale ho azzardato di trarre certe conclusioni che sono, purtroppo, avallate di meno dai fondi disponibili. Quando Crescenzo Antinucci fu arrestato nel 1809, sua figlia Angeladea, mia 4° bisnonna, era già sposata da qualche tempo al primo antenato della mia famiglia con il cognome De Luca ad arrivare a San Valentino. Avendo lo stesso nome di suo suocero, Crescenzo De Luca nacque a Popoli nel 1780. Il figlio maggiore di questo Crescenzo e Angeladea, Cleto, nacque a San Valentino nel 1808. Nella sua vita Crescenzo si sposò e rimase vedovo tre volte, morendo nel 1861. Col tempo la nostra famiglia ha dimenticato il nome del nostro antenato che portò il nostro cognome a San Valentino, vale a dire, fino a quando ho potuto trovare i suoi documenti alcuni anni fa. Però, un vago ricordo di lui è rimasto. Nel 1967 mio padre incontrò a San Valentino sua nonna paterna, Maria Domenica Pascetta, per la prima volta. Avendo quasi 95 anni a questo punto, gli disse che la famiglia di suo marito era di origine di Popoli e che il primo De Luca ad arrivare a San Valentino lasciò Popoli dopo essere stato coinvolto in un crimine violento. Al suo terzo matrimonio nel 1833, i documenti matrimoniali di Crescenzo De Luca notano che lui fu residente di San Valentino “da più di anni trenta.” Tale cronologia coincide con la prima invasione del Regno di Napoli dai francesi di 1798 e, più significativamente, con il saccheggio di Popoli in dicembre 1798.
I francesi saccheggiarono Popoli per cinque giorni, ma i popolesi resistettero, risultando in una perdita di 300 truppe francesi. Potrebbe essere stato coinvolto Crescenzo con la resistenza armata e l’impennata di violenza che il saccheggio della sua città natale scatenò? Potrebbe aver sentito un bisogno di fuggire a San Valentino, a quel punto ancora inviolata dall’invasione francese? Si sarebbe poi sposato con una famiglia con un simile sentimento “antigiacobbino?” Queste sono tutte congetture, ma in ogni caso, i tumulti dell’inizio del XIX secolo sarebbero stati avvertiti da lui e tutti i miei antenati in Abruzzo.