I cassetti dei nonni, si sa, sono sempre pieni di fotografie e ricordi gelosamente custoditi. Vengono aperti in rare occasioni e il loro contenuto fugacemente condiviso per non intaccarne la sacralità.
I nostri nonni, quelli di inizio secolo, non sono riusciti a stare al passo con i nostri tempi, dove anche la foto di quello che si mangia ogni giorno viene esposto e commentato al mondo intero.
Le loro fotografie sono numericamente molto inferiori, ed anche per questo motivo hanno ognuna una storia. Un forte legame con la storia della famiglia.
Se siamo stati fortunati, e curiosi, ci siamo fatti raccontare i ricordi che quelle immagini sbiadite facevano loro venire in mente. Si è venuti così a conoscenza degli aneddoti che riguardavano l’occasione nella quale venne scattata la foto.
A volte quei cassetti si aprono in occasioni tristi, ad esempio dopo un decesso, e allora ecco che ci si accorge di quante informazioni abbiamo perso, di volti e momenti che non avranno più un nome o una storia, perché non siamo stati abbastanza curiosi o attenti ai racconti dei nostri vecchi.
È una storia simile, quella che voglio raccontarvi: la storia di una mia fotografia trovata in un cassetto della nonna.
Vi è ritratto il busto di un uomo, dai capelli e baffi bianchi, con il viso scavato dalle rughe del tempo, a testa alta e lo sguardo fiero … e con una medaglia appuntata al petto.
Chi era questo signore? Che medaglia portava? Che storia aveva da raccontare?
I nonni non ci sono più per dircelo. Mio padre riconosce solo che quello è un suo bisnonno, il padre di sua nonna paterna, niente altro.
Cosa potevo quindi fare per soddisfare la mia curiosità? Come poteva quella fotografia aiutarmi a scoprire un pezzo di storia di un mio antenato?
Non sapevo niente di medaglie, di genealogia, di Archivi di Stato, di atti dello stato civile e militare … era tutto un mondo nuovo per me, ma sarebbe diventato un impegno quotidiano che, nel tempo libero, come un hobby appassionante, mi avrebbe portato a scoprire da dove venivo.
Presi quella foto e la prima cosa che pensai fu di digitalizzarla e rendere l’immagine più nitida possibile con l’aiuto di programmi di elaborazione fotografica.
Questo lavoro rese i contorni della medaglia più delineati, rendendone possibile l’identificazione. Scoprii che esistono collezionisti di medaglie, gruppi di appassionati sui social e con loro condivisi quella fotografia, ottenendo immediato riscontro sulla sua natura.
Si tratterebbe di una medaglia al valore civile, una onorificenza che viene assegnata a chi nella vita civile si rende protagonista di atti di eroismo. La cosa si faceva interessante e la curiosità aumentava ancora di più.
La medaglia era di questo mio avo? Cosa aveva fatto per meritarsela?
Bisognava scoprire chi era, da dove veniva, cosa faceva.
Iniziare una ricerca genealogica fu la naturale conseguenza di questa mia voglia di sapere.
I primi passi furono difficili, bisognava imparare come procedere, come raccogliere i dati e come analizzarli ed elaborarli.
Bisognava anche superare lo scoglio dei familiari e parenti che ti dicevano di non perdere tempo a scavare i morti che tanto non possono dirti niente, di trovarmi un hobby più interessante ed utile.
Sono un testardo, e se si cerca di mettermi i bastoni tra le ruote non si fa altro che spronarmi ad andare avanti ancora più deciso.
Così, tra studi online e negli archivi, nell’attesa di ricevere atti dai comuni, ed anche attraverso alcuni errori che mi hanno portato verso altri rami genealogici, sono riuscito infine a tracciare il passato della mia famiglia ed avere una chiara visione del mio albero.
Ho saputo chi era questo mio antenato: il trisavolo Stuani Secondo, contadino, nato a Bozzolo provincia di Mantova, in data 1° ottobre 1865. Restava da scoprire la sua storia, e quella della medaglia.
Venni a conoscenza del fatto che ogni atto di concessione di onorificenza veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e che, conoscendo il nome del decorato, si poteva fare una veloce ricerca avanzata online, perché tutte le copie della Gazzetta Ufficiale sono digitalizzate e pubblicate in rete.
Cosi feci, sperando che le due cose combaciassero.
Fu cosi, e quindi nella Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia dell’anno 1888, edizione numero 60 del 12 marzo, trovai il decreto di conferimento della medaglia d’argento al valore civile (tra gli altri) a Stuani Secondo contadino in Marcaria (MN) fregiato da sua Maestà nell’udienza del 4 marzo 1888 in premio di coraggiose e filantropiche azioni compiute con evidente pericolo della vita.
Bene, era proprio lui il decorato, la medaglia che in quella foto porta al petto è proprio la sua. Sono riuscito a costruire un aneddoto della storia di famiglia grazie anche alla possibilità che ci dà la tecnologia moderna.
Restava comunque un lato oscuro , cioè sapere quale fu quella azione coraggiosa che portò al conferimento della medaglia. Forse i nonni ne erano a conoscenza, forse no, e magari sarebbe piaciuto anche a loro conoscere questa storia.
Come ho detto prima, io sono un testardo, e quindi non mi andava di lasciare questa cosa in sospeso.
Doveva pure esserci traccia di questo fatto da qualche parte. Provai a scrivere al Comune di Marcaria, all’Archivio di Stato di Mantova, a cercare online qualsiasi riferimento, senza ricevere però risposte da nessuno.
Un giorno, per caso, ho saputo dell’esistenza di un archivio che raccoglieva tutte le copie antiche dei quotidiani locali della provincia mantovana e ho scoperto, inoltre, con mio ulteriore enorme stupore, che queste copie erano tutte digitalizzate e pubblicate online. Era l’ultima speranza di scoprire cosa fosse successo, e ho cominciato così un lungo e paziente lavoro di lettura, foglio per foglio, giorno per giorno, articolo per articolo, giornale per giornale, fino a quando la mia caparbietà e pazienza sono state premiate.
Ho trovato così, infine, nella «Gazzetta di Mantova» del 16 marzo 1888 quel trafiletto tanto sperato che mi ha permesso di chiudere il cerchio su questa vicenda: “Il contadino Secondo Stuani il giorno 26 giugno del 1887, in Marcaria, con gravissimo rischio della propria vita, riusciva a trarre a salvamento una donna e due bambini travolti dalle acque del fiume Oglio.”
Una grande gioia, ed immensa soddisfazione, essere riuscito dopo mesi e mesi di studi e ricerche nel mio intento!
Ora spero che quei due bambini tratti in salvo siano cresciuti e che abbiano raccontato questa avventura ai loro figli e nipoti, che sia stata tramandata ai loro discendenti, e che capiti magari proprio a loro di leggere queste righe riconoscendo la loro storia in questo racconto.
Dedico quindi specialmente a loro questa bella storia, ed a tutti voi lettori spero di aver trasmesso la voglia di continuare sempre a cercare fino in fondo, senza arrendersi mai, qualsiasi strada per far luce su eventi di storie familiari.
Buona ricerca!!!