Colgo l’opportunità, che il Portale Antenati offre, di delineare la propria ricerca genealogica, condividendo come richiesto i tre punti cardini della ricerca stessa: motivazioni, fonti consultate, risultati. Preciso però che questi tre punti, almeno per me, vanno intesi in senso dinamico perché nel procedere della ricerca hanno assunto contenuti via via più ampi per divenire le componenti di un percorso volto a rintracciare e posizionare le tessere di quel mosaico mio personale che ha per nome Identità.
Motivazioni
La motivazione iniziale alla mia ricerca genealogica è stata certamente quella, comune a tutti, di rintracciare le mie radici. Ma appena appresa l’esistenza dei vari consanguinei, dei loro dati anagrafici, degli eventi cui parteciparono o in cui furono coinvolti, dei luoghi in cui vissero o agirono, delle altre persone che poterono incontrare nel loro percorso di vita, quella iniziale motivazione si è specializzata in brama di conoscenza storica, politica, geografica, urbanistica, sociale, psicologica.
Fonti consultate
Le fonti consultate sono state ovviamente quelle note e che si riassumono nella tradizione orale, nei documenti e fotografie personali o conservati negli Archivi pubblici (di Stato e comunali) e privati innanzitutto ecclesiastici, nei materiali reperiti nel web.
Per quanto riguarda la tradizione orale, essa ha l’indubbio fascino di “mantenere in vita” persone e fatti spesso però confusi e intrecciati tra di loro nel tempo e nello spazio. Infatti, nella mia famiglia si favoleggiava che fosse stata conferita una specifica onorificenza al mio trisnonno paterno in Palermo mentre avrei poi scoperto che gli era stata sì assegnata una onorificenza ma diversa e a Napoli, mentre quella specifica fu assegnata in Gaeta a suo figlio e mio bisnonno, nato a Palermo: insomma la tradizione orale aveva col tempo “fuso e confuso” persone, luoghi e onorificenze in un “mescolanza” che dovetti “decodificare”. L’abilità del ricercatore deve essere quindi identica a quella dell’investigatore il quale, avendo a disposizione un insieme di dati sparsi e talvolta anche contraddittori o errati, è capace di seguire una traccia che lo porterà alla verità dei fatti. E grazie a tale abilità (che ho scoperto di possedere navigando negli archivi cartacei e informatici) potei rintracciare presso la Sezione Militare dell’Archivio di Stato di Napoli un importantissimo faldone riguardante mio trisnonno Filippo Pavone deceduto nel 1848, che all’epoca era stato registrato erroneamente con l’intestazione “Pavone Giuseppe – pensione di grazia alla vedova – anno 1843”. L’intestazione lasciava intendere che si trattasse di un’altra persona deceduta 5 anni prima, però mi aveva incuriosito il fatto che ci fossero alcuni dati che potevano in qualche modo rimandare al mio trisnonno e cioè il cognome, il fatto che la pratica riguardasse un trattamento pensionistico, il nome Giuseppe che poteva essere un’alterazione di Giuseppa, la figlia maggiore del mio trisnonno, e l’anno 1843, la cui ultima cifra poteva essere stata l’erronea trascrizione di un 8 e che poteva quindi coincidere con quello della morte del mio trisnonno. Il mio intuito non si era sbagliato, il faldone contiene infatti un’articolata pratica di concessione della pensione di giustizia, integrata per meriti di servizio da quella di grazia sovrana concessa di sua mano da re Ferdinando II alle tre figli nubili di mio trisnonno Filippo, la cui maggiore era appunto Giuseppa.
Circa gli Archivi, che ho consultato in molteplici città d’Italia e presso diversi enti pubblici, privati, ecclesiastici, militari, devo purtroppo registrare una diversità di regole e comportamenti dei preposti il che in qualche caso ha rallentato notevolissimamente il procedere della ricerca se non addirittura averla fermata impedendomi, per il momento, di risalire ad epoche precedenti alla fine ‘700. Il Portale Antenati ha reso invece alquanto più facile e veloce la ricerca, grazie al fatto che alcuni nominativi di mio interesse sono stati già indicizzati. Altre importantissime fonti sono state poi i testi specifici di storia che ho consultato volendo ricondurre la mia storia familiare nel contesto delle varie epoche. Infine l’essermi recato nei luoghi dove i miei antenati furono mi ha consentito di immergermi psicologicamente ad occhi chiusi nelle loro realtà, compresi i cimiteri che hanno dato il loro contributo alla ricerca.
Particolare menzione devo comunque dare al gigantesco archivio microfotografico dei Mormoni (correttamente Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni), disponibile anche gradatamente nel Web, di cui mi sono utilmente servito fin dall’inizio della ricerca recandomi presso una loro sede romana e rintracciando basilari registrazioni di atti di mio interesse.
Risultati
Per quanto riguarda il risultato delle ricerche, come ho già detto si tratta in realtà di un percorso conoscitivo, pertanto l’albero genealogico, che per molti costituisce certamente un valido risultato della propria ricerca magari con abbondanza eccessiva di nomi e date, per me rappresenta soltanto uno schema grafico riassuntivo, e in divenire, atto a rappresentare le discendenze e non altro.
Durante questo mio percorso ho vissuto diverse esperienze particolari, descritte nel Diario, e tra queste ne cito di seguito due. Presso la biblioteca del Museo centrale del Risorgimento in Roma sono conservati nel medesimo faldone gli unici memoriali esistenti sulle gesta di unità borboniche durante la campagna di difesa militare del settembre-novembre 1860 contro le truppe d’invasione garibaldine e sabaude. Si tratta dei memoriali relativi al 14° Battaglione Cacciatori e al 1° Reggimento Granatieri della Guardia; ebbene nel primo era tenente poi capitano mio bisnonno Benedetto Pavone e nel secondo suo fratello, il sergente maggiore Carlo Pavone, poi attendente di Benedetto.… immaginate cosa possa aver io provato al cospetto di tali memoriali i quali, mentre per qualsivoglia studioso sono semplicemente i manoscritti di due unità borboniche, per me costituiscono una assoluta particolarità essendo io l’unica persona ad entrambi collegato per motivi di sangue, insomma è come se i due memoriali mi avessero aspettato per oltre un secolo silenziosamente in un faldone d’archivio per consegnare a me solo l’eredità storica di due fratelli miei consanguinei. Inoltre, l’aver trascritto, pubblicato e fatto catalogare nelle principali Biblioteche nazionali i due memoriali, ha risposto al desiderio dei loro estensori di trasmettere ai posteri una testimonianza di veridicità storica che a loro non fu permesso di rendere nota e in tal senso ho percepito di aver svolto una missione che ha travalicato la ricerca genealogica strettamente personale. Una seconda particolarità è quella che nel diario di guerra di mio padre egli vi annotò l’inedita fucilazione di 9 militari italiani a Napoli, da parte dei militari tedeschi, dove egli fortunosamente ebbe salva la vita per non essere stato “scelto” per essere fucilato… la particolarità sta nel fatto che la fucilazione ebbe luogo a ridosso della parete di un edificio in via Cesario Console dove in epoca borbonica esisteva l’alloggiamento militare di mio trisnonno; insomma mio padre che non conosceva alcunché di mio trisnonno e della sua abitazione ebbe salva la vita a ridosso di quella preesistente abitazione… Voglio pensare che sia stata una semplice quanto improbabilissima casualità o una “protezione a distanza di quasi un secolo?
Dal punto di vista storico la ricerca genealogica mi ha permesso di approfondire delle vicissitudini relative all’intero periodo del Regno delle Due Sicilie, grazie all’appartenenza dei miei antenati all’esercito borbonico sia come militari sia come funzionari ministeriali ed avendo essi partecipato ad eventi ben particolari. Sintetizzando, mio trisnonno Filippo, nativo di Gaeta, dopo l’arruolamento in un corpo di élite nell’esercito borbonico quando il Re era esiliato in Sicilia, fu attivo nella difesa delle istituzioni durante i moti del 1848 prima a Palermo, dove scampò dalla morte in un assalto a postazioni di rivoltosi, poi a Napoli dove il 15 maggio, al comando di una Compagnia di granatieri della guardia, si distinse tanto da ricevere la decorazione di cavaliere di diritto dell’Ordine di San Giorgio della Riunione (questi fatti e anche il suo nome sono riportati in vari testi storici). Mio bisnonno Benedetto, invece, al comando di una Compagnia del 14° Battaglione Cacciatori partecipò alla campagna d’autunno del 1860 contro Garibaldini prima e i Sabaudi dopo, sino all’ultimo combattimento di fanteria del 12 novembre dove si distinse venendo decorato con l’onorificenza di cavaliere dell’Ordine di Francesco I. Questi ed altri eventi mi hanno suggerito e permesso di specializzarmi nello studio dell’esercito borbonico e di acquisire diversi volumi di approfondimento delle vicende storiche incontrate nelle mie ricerche d’archivio e familiari. In particolare, le carriere di mio bisnonno e dei suoi tre fratelli, uno sottufficiale dei Granatieri della Guardia e due funzionari dei Ministeri di Guerra e di Marina, e i fatti cui parteciparono, mi hanno permesso di approfondire l’organizzazione generale delle forze armate borboniche nel corso di oltre cento anni.
Un aspetto particolare ha assunto poi l’aver seguito, finché possibile, le sorti di mio trisnonno Filippo e del suo fratello maggiore primogenito Gregorio, appartenenti ad una famiglia molto agiata di Gaeta e di “nobiltà civile”. Pur non essendo più in vigore il maggiorasco, che assicurava ai primogeniti la successione dei beni, il patrimonio rimase a Gregorio, mentre Filippo fu avviato alla carriera militare, sebbene in un corpo di élite come si addiceva ad un rampollo di agiatissima famiglia. Filippo iniziò quindi a Palermo una carriera alquanto pericolosa, perché già si era in tempo di guerra contro la Francia di Napoleone e Gaeta diveniva possedimento napoleonico (da qui si comprende la fedeltà della mia famiglia ai legittimi Borbone). Gregorio rimase a Gaeta a gestire i beni familiari e si sposò ma morì non molto tempo dopo il matrimonio e sua moglie Angela Liberto e successivamente la figlia Cecilia si ridussero a lavori umili, presumibilmente per sopravvenute difficoltà economiche. Invece Filippo, per il quale era stata scelta una vita alquanto difficoltosa, risaliva la scala sociale sposando una agiata giovane appartenente a una altolocata famiglia palermitana e i suoi vari figli maschi ne seguirono l’esempio. Tutto fu poi “rimescolato” con l’Unità d’Italia allorquando i legami tra famiglie di militari borbonici, creati da Benedetto e i suoi fratelli, persero qualunque efficacia e il mio casato entrò nella “normalità”.
Per parte di madre la famiglia d’origine era concentrata nella cittadina tosco-emiliana di Sambuca Pistoiese e in particolare nella frazione di Stabiazzioni che, con altre frazioni, fa ancora capo alla parrocchia di San Pellegrino al Cassero. La famiglia era composta di piccoli proprietari terrieri con gli uomini che integravano le entrate economiche facendo i braccianti mentre mio nonno, come dalle ricerche effettuate, svolgeva anche il mestiere di artigiano nel settore della lavorazione della paglia nella cittadina di Montale dove, per qualche anno, ebbe anche un negozio.
Ma la scoperta più sensazionale è stata aver rintracciato presso l’Archivio centrale dello Stato l’incartamento relativo al conferimento il 4 marzo 1888 a mio nonno Geremia Gherardini della medaglia d’argento al valor civile per aver salvato il 1° agosto 1887 due suoi compaesani dall’annegamento nel fiume Limentra, in località Stabiazzoni del Comune di Sambuca Pistoiese, e questo con manifesto pericolo di perdere lui stesso la vita. Della concessione, da parte di S.M il Re su proposta del Ministero dell’Interno dopo il parere favorevole di apposita commissione e indagine prefettizia di Firenze, venne altresì data menzione nella Gazzetta Ufficiale del Regno del 12 marzo 1888, n. 60.
Messomi quindi in contatto col sindaco di Sambuca Pistoiese, si è deciso di intitolare un sito della cittadina a Geremia Gherardini – Medaglia d’argento al Valor Civile (1856-1915).
Come risultati di sintesi posso accennare ad alcuni miei scritti. La Cronaca familiare in cui descrivo la storia vissuta dei miei antenati sino a mio padre; un Diario in cui annoto giorno dopo giorno, da oltre 25 anni, i singoli passi delle mie ricerche e delle appassionate fantastiche esperienze vissute. Con la Cronaca e il Diario ho potuto quindi dare una dimensione narrativa della ricerca. A questi due scritti associo poi alcune miei testi di storia militare borbonica (catalogati presso le principali Biblioteche di Stato e che riguardano il 14° Battagliane Cacciatori, il 1° Reggimento Granatieri della Guardia, Le truppe estere dell’esercito borbonico dal 1743 alo o1861 ed un prossimo Albo d’onore della Campagna militare 1860) relativi a fatti cui parteciparono i miei diretti ascendenti e collaterali. Aggiungo poi: uno schedario sintetico dei vari componenti l’intero gruppo familiare, diretto e collaterale; una raccolta di fascicoli (quando possibile) per ciascun nominativo contenenti documenti e foto; una raccolta di corrispondenza epistolare (quando non esisteva internet) e di e-mail verso e da enti, familiari e persone; una raccolta di documentazione di supporto; una biblioteca specialistica, soprattutto inerente l’Esercito e la Marina delle Due Sicilie.
Nel comporre ed aggiornare la mia Cronaca familiare ho scoperto e colto un patrimonio umano che mi ha arricchito d’identità; ho potuto così riscontrare in me gli elementi distintivi dei miei antenati. In mio trisnonno Filippo, per la difesa dell’autorità di Stato durante i moti del ’48 a Palermo e Napoli; in suo figlio Antonio, per l’appartenenza tecnica alla Marina Militare; nell’altro suo figlio Michelangelo, per la funzione dirigenziale ministeriale; nel suo terzo figlio, e mio bisnonno, Benedetto, per la fedeltà all’Istituzione di appartenenza ma non oltre il limite umanamente accettabile; e naturalmente nei miei genitori Francesco e Ilda, per la formazione da loro impartitami e che ringrazio d’aver ricevuto.
Ma il vero risultato della mia ricerca genealogica è stata la rivelazione della mia identità di casato e di persona, una identità presente in me da sempre seppur inconsapevolmente, come si può notare nella foto che mi ritrae a 9 anni con la sciabola da ufficiale di mio bisnonno Benedetto in quella residuale abitazione siciliana ottocentesca dove egli morì e dove erano conservate le sue carte.
Concludo questo mio contributo volendo indicare la chiave di accensione che mise in moto la macchina della mia ricerca, ovvero l’aver conosciuto il compianto barone Roberto Maria Selvaggi, all’epoca segretario della Real Casa Borbone Due Sicilie, autore della fondamentale opera Nomi e volti di un Esercito dimenticato. Gli ufficiali dell’Esercito napoletano del 1860-61 (Napoli, Grimaldi & C., 1990), dove è riportato il nome del mio bisnonno quale tenente del 14° Battaglione Cacciatori dell’esercito borbonico. Egli, oltre a farmi speciale dedica al suo volume, mi segnalò all’allora responsabile della Sezione militare dell’Archivio di Stato di Napoli il quale, a sua volta, mi fece “seguire” dall’instancabile e prezioso archivista Achille Di Salle nelle ricerche riguardanti finalmente mio bisnonno e mio trisnonno e in definitiva nel corretto e proficuo percorso della ricerca che da allora ha avuto uno sviluppo corretto e straordinario e che non ha fine.