Anni fa raccontavo a mio figlio episodi di famiglia riguardanti persone che non aveva mai conosciuto, così lui mi chiese di scrivere appunti su di loro e sul legame che ci univa.
Mi aspettava un grande impegno: avrei dovuto ricordare, catalogare, riordinare e soprattutto rendere comprensibili i dati prodotti a chi (ai posteri?) avesse voluto rileggerli.
Cominciai timidamente con un editore di testi capace di inserire organigrammi che potessero somigliare ad un albero genealogico; ma intanto perché non servirsi dei social e dei motori di ricerca per trovare qualcosa sulla rete che potesse rendermi il lavoro più veloce?
Un software online mi consentì di individuare e memorizzare circa 1500 profili di persone della famiglia, di cui almeno la metà non più in vita. Le notizie su ciascuno di loro non erano sempre certe o complete, ma comprendevano almeno sei generazioni passate e presenti.
Le conseguenze di questo approccio furono emozionanti: il motore di ricerca, insieme ai contatti individuati e successivamente confermati sui social network, alimentavano la mia adrenalina al pari di un gioco, di una scommessa, in cui vincevo la conferma delle mie congetture con alta probabilità: la ricerca era diventata una dipendenza necessaria alle mie conoscenze, soprattutto quelle del passato.
Allo stesso tempo, continuavo ad alimentare il mio bisogno di sapere anche con altri mezzi: un cugino aveva una raccolta di documenti relativi ai nostri nonni e agli zii scomparsi; nel cassetto personale di mia madre avevo ritrovato un numero imprecisato di “preci funebri” con i dati anagrafici e la foto di defunti, conoscenti, amici e parenti, che mi avrebbero aiutato nelle connessioni storiche; cominciai a far visita agli archivi anagrafici dei Comuni di nascita dei miei antenati; scoprii che alcuni erano andati distrutti a causa di incendi, che ad altri mancavano i dati anteriori al 1850.
Contattai online l’Archivio di Stato di Salerno, provincia d’origine della famiglia, che aveva indicizzato le liste di leva in un periodo storico limitato, ma forniva informazioni solo sul genere maschile con riferimento ai genitori dell’iscritto.
Rintracciai i discendenti degli avi che attraversarono l’Oceano tra l’Ottocento e il Novecento: li contattai, li abbracciai in Italia, li accolsi nel calore della mia casa, mostrai loro i luoghi degli antenati, raccontai e lasciai che si raccontassero…
All’Archivio di Stato, accompagnata da mia sorella, cercai con successo un dossier sulla vita militare di nostro padre Lucio: a cento anni dalla sua nascita e a trenta dalla morte mi chiedevo perché non gli avessi mai rivolto le domande di cui oggi avevo necessità di risposte.
Da quel momento mi resi conto di aver coinvolto nel gioco anche lei: insieme avremmo potuto ricostruire le nostre radici e regalare a figli e nipoti il prodotto della nostra fame di conoscenza.
Le risposte a tante domande, e purtroppo non a tutte, sono contenute in un volume, Romanzo dei miei spiriti, pubblicato appena un mese fa, che mi piace considerare un dar conto della mia esistenza …