Gino Coppedè (1866-1927)
Gino Coppedè nacque a Firenze il 26 settembre 1866 da Mariano, di professione intagliatore, e Antonietta Bizzarri.
Dopo la Scuola professionale di arti decorative industriali, dove ebbe modo di affinare le sue competenze nella lavorazione del legno, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti, diplomandosi in disegno architettonico nel 1896.
Il suo primo incarico di rilievo fu la progettazione e realizzazione del castello MacKenzie a Genova, che lo vide impegnato dal 1897 al 1906. L’edificio, ispirato all’architettura fiorentina, comprendeva una commistione di elementi esuberanti, alquanto inusuali per lo stile architettonico della città ligure, ma che gli valsero il favore della ricca borghesia locale.
Il cosiddetto “stile Coppedè” si basava, infatti, sull’amplificazione di elementi architettonici di diverse epoche, rielaborati in maniera originale ma armonica. Una novità nel panorama edilizio che, tuttavia, riuscì a conquistare l’apprezzamento della critica e del pubblico, avviando l’architetto a una brillante carriera, che lo rese celebre ben oltre i confini nazionali.
Numerosi, infatti, i progetti che portarono la sua firma in svariate città italiane: molti a Genova, ma anche a Napoli, Roma, nonché in numerose città del centro e sud Italia, come ad esempio a Messina, dove contribuì alla ricostruzione post-terremoto.
Dopo la Prima guerra mondiale, l’attività di Coppedè continuò vigorosa, grazie anche ai numerosi riconoscimenti e incarichi accademici di cui venne insignito.
Solo a seguito della morte della moglie Beatrice, figlia dello scultore Pasquale Romanelli, che aveva sposato nel 1889, decise di trasferirsi a Roma, per dedicarsi al completamento del celebre quartiere residenziale Dora, oggi meglio noto come “quartiere Coppedè”.
La ditta Cerruti – con cui intratteneva un saldo legame professionale – gli aveva commissionato la realizzazione di un quartiere signorile destinato a soddisfare la ricercatezza voluta dai romani dell’alta borghesia degli anni Venti. Qui il suo stile raggiunse l’apice dell’eclettismo, con una fusione di linguaggi architettonici che, seppur apparentemente inconciliabili, trovarono uno stupefacente equilibrio.
Gino Coppedè morì a Roma il 20 settembre 1927.
Puoi consultare l’atto di morte sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Roma, Stato civile italiano, Roma, 1927
L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Roma.
Per approfondimenti sulla figura di Gino Coppedè, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Mauro Cozzi.
Una parte del suo archivio (100 disegni, 3 fotografie, 7 eliocopie; 1904-1920) è conservata presso l’Archivio di Stato di Firenze; una seconda parte (circa 102 disegni), relativa ad alcuni lavori che condivise con il fratello Adolfo, si trova presso l’Università degli studi di Genova. Biblioteca della Scuola Politecnica, sede di Architettura Nino Carboneri.