Una vecchia cappelliera marrone, di quelle antiche, di cartone… da piccola era sempre un piacere aprirla e sfogliare le vecchie foto di mia nonna, che, a quei tempi, mi raccontava di persona “i fatterelli” legati a quelle immagini.
Ora sono pensionata e con piacere le ho riscoperte, cercando di dare un nome, delle date, un luogo… e così si sono rianimate. Con pazienza ho ricostruito le nascite, i matrimoni, le morti… si è aperto un mondo fino ad allora sconosciuto.
Scetáteve, guagliune ‘e malavita
Ca è ‘ntussecosa assaje sta serenata
Io sóngo ‘o ‘nnammurato ‘e Margarita
Ch’è ‘a femmena cchiù bella da ‘Nfrascata
(Libero Bovio, Guapparia)
Orsola Bruno forse non sarà stata “a’femmena cchiù bella da ‘Nfrascata”, ma certamente lo era agli occhi di Antonio De Cesare, che la scelse per sé, e visse a lungo con lei e i loro otto figli in questa strada, intorno al 1806.
I due erano nati all’incirca nel 1780.
In origine, la strada dell’Infrascata era un’ombrosa e impervia salita, fra alberi e arbusti, con un gran traffico di carretti e contadini che portavano derrate alimentari alle case signorili. Nel quartiere Avvocata, questa strada congiungeva il popolare centro storico con il nuovo quartiere del Vomero, dove la nobiltà̀ si era fatta costruire ville e palazzi. Dal 1869, i napoletani identificarono “l’Infrascata” con via Salvator Rosa.
Al tempo di Antonio, probabilmente la strada aveva già̀ perso il suo aspetto “bucolico” e si era ormai riempita di alti palazzi, botteghe, commercianti, bancarelle, con vivace e allegro vociare… Antonio aveva una bottega di calzolaio, dove lavorava insieme ai figli, Vincenzo, Giuseppe e Raffaele. Mentre per le figlie femmine – Irene, Francesca e Maria – aveva avuto progetti diversi: Irene fu la prima a convolare a nozze; l’8 novembre del 1828 sposò un suo coetaneo, Giuseppe Ravallese, un giovane tipografo (“compositore di caratteri”), benestante, da cui ebbe cinque figli.
Mentre nel 1838, Francesca sposò Costanzo Mellino, gioielliere, figlio di una Gusumpaur, antica famiglia di orafi e mercanti in pietre preziose. Lo sposo aveva 40 anni e la sposa 26, e andarono ad abitare a Largo Materdei, casa dei Mellino.
Tuttavia, la famiglia De Cesare poté gioire per poco, poiché qualche anno più tardi, nel 1844, morì Giuseppe Ravallese, lasciando la moglie Irene De Cesare, incinta, con quattro figli piccoli. Due di questi, Nunzia e Carolina, moriranno poco dopo.
Nel 1851, infine, si sposò Maria, a 33 anni, con un calzolaio, Gennaro Saggiomo. Anche loro, purtroppo, persero presto uno dei loro gemelli, Vincenzo.
Degli altri figli di Antonio De Cesare, Giuseppe si sposò nel 1855, ormai quarantottenne, con Luigia Ambrosio, che però morì quattro anni dopo. Si risposò, così, a 53 anni con la vedova Angela Martone, che abitava nel Fondaco Santa Monica, al Cavone, una zona sovraffollata già a quei tempi, oggi corrispondente a via Francesco Saverio Correra – dove, al civico 22, nel 1861 era nato il generale Armando Diaz.
Nel 1853, a 32 anni, il mio avo Raffaele De Cesare sposò Carmela Santangelo, di diversi anni più giovane, che gli darà sette figli. Di questi, Luigi ed Anna moriranno rispettivamente nel 1861 e 1863. Ma l’evento più drammatico accadde nel 1864, quando la giovane moglie Carmela morì a 34 anni, dopo aver vagato da un ospedale all’altro, lasciando il marito con sei figli piccoli: Antonio, Gennaro, Luigi, Anna, Mariano e Concetta.
A quel punto, Raffaele decise di lasciare l’attività del padre per seguire quella di orafo del cognato Mellino, marito della sorella Francesca, che fortunatamente si rivelò redditizia. La bottega venne aperta prima nel Borgo Orefici, ma dopo il Risanamento fu trasferita in una traversa di via Toledo.
Nella strada dell’Infrascata c’era una bottega di barbiere, appartenente alla famiglia De Pascale. Fu gestita prima dal vecchio Vincenzo, poi ereditata dai figli Ferdinando e Raffaele, che arrotondavano facendo i “salassatori”.
Ferdinando De Pascale e Michela, vicini di casa e di bottega di Antonio, avevano sei figli. Tre maschi (Vincenzo, Francesco e Pasquale) e tre femmine (Teresa, Maria e Giuseppa).
Dopo pochi mesi dalla nascita dell’ultima rampolla Giuseppa, Ferdinando morì (a causa dell’epidemia di colera del 1854) a soli 43 anni, lasciando la vedova Michela a doversi occupare della numerosa prole. Così entrò in gioco la famiglia De Cesare…
Napule è mille paure,
Napule è a voce de’ criature ,
che saglie chianu chianu,e tu sai ca’ non si sulo…
(Pino Daniele, Naplule è)
Il nostro incisore-argentiere Raffaele De Cesare, anch’egli rimasto vedovo con cinque figli, sposò l’orfana Teresa De Pascale, che si fece carico dei suoi piccoli, dando allo sposo altri cinque pargoli: Giuseppe, Giovanni, Francesco, Assunta ed Eduardo.
La vedova De Pascale riuscirà̀ anche a portare all’altare altre due figlie: Giuseppa e Maria.
Nel 1877, la prima sposò Gennaro De Cesare, figlio di primo letto di Raffaele. Gennaro faceva il barbiere, ma preferì imbarcarsi da Napoli sulla Tartar Prince il 1° febbraio 1899 con l’amata Giuseppa De Pascale ed i suoi sette figli per cercare fortuna a New York. Maria invece sposò il vedovo Gianbattista Terzini, calzolaio a Borgo Orefici.
Gli altri fratelli, Giuseppe, Giovanni, Francesco, Assunta ed Eduardo prenderanno altre strade: Giovanni partirà per il Belgio, dove, oltre a svolgere la sua attività di “orafo incisore”, sposerà nel 1898 Jeanne Marie Louise Fontaine, dalla quale avrà almeno sei figli. All’inizio del 1900, però, ritornerà nell’amata Napoli.
La saga di questa grande famiglia continua, fra nomi che si ripetono e legami matrimoniali fra parenti.
ll giovane Giuseppe De Cesare, figlio di secondo letto di Raffaele, che aveva intrapreso con passione l’attività del padre nell’oreficeria, si innamora e sposa la prima figlia di Gianbattista Terzini (il vedovo che aveva sposato Maria De Pascale): sua cugina Carolina, detta Carlotta. Donna simpatica, socievole e concreta, ottima cuoca, ma che non riuscì a dare a Giuseppe tutti i figli che avrebbe voluto… fermandosi alla dolcissima Ester, che dal padre eredita lo spirito artistico, diplomandosi al conservatorio come pianista.
Francesco De Cesare sposò Concetta, restando nel suo quartiere con i suoi due figli maschi: Raffaele e Giuseppe. Assunta non si sposò. Eduardo sposò Gilda.
Da questo momento, la ricostruzione storica si fa personale e nostalgica, legata a racconti e ricordi personali, ma purtroppo meno precisa per mancanza di documenti utilizzabili per via della privacy.
La memoria riporta alla mente affettuose immagini: il grande appartamento a Santa Maria Ognibene, dove ad ogni angolo trovava posto un anziano parente, dove profumi di manicaretti prelibati si alternavano all’odore acre dei colori ad olio usati da zio Peppino per i suoi quadri ottocenteschi.
Intanto la vita riserva ad Ester altri progetti: non farà mai la concertista, ma sarà moglie affettuosa e madre premurosa. Incontrerà Mario Albore e lo sposerà nel 1920 all’età di 29 anni (quando lui ne aveva 23). Andranno ad abitare insieme ai genitori di lei, Giuseppe e Carolina, nella zona della Stazione Centrale.
Dalla loro unione, nasceranno 4 figli: Maria, Adriana, Italo e Amerigo.
Italo era… il mio papà.