Gli archivi notarili

Gli archivi notarili costituiscono, all’interno degli Archivi di Stato, la vera cerniera tra i documenti degli archivi pubblici (ad es. i processi delle antiche magistrature sono ricchissimi di atti notarili) e quelli privati (gran parte della documentazione degli archivi gentilizi è costituita da atti notarili).

La maggior parte dei protocolli notarili – dal punto di vista diplomatistico tra i più densi di documenti – hanno carattere promiscuo: in un intervallo ristretto di tempo (generalmente l’anno) compaiono una gran varietà di forme contrattuali. La maggior parte dei documenti si riferisce a impegni di natura economica e giuridica (procure, compravendite, locazioni, concessioni etc.), ma vi sono anche molti documenti che concernono l’ambito delle relazioni familiari: emancipazione dei figli, patti matrimoniali, donazioni e testamenti (spesso registrati in appositi volumi). L’importanza per la ricerca genealogica e di storia della famiglia di questo particolare tipo di documentazione è molto rilevante. Infatti in ogni documento notarile esistono precisi riferimenti genealogici almeno per due differenti generazioni: per quella persona cui si riferisce l’atto e per quella del padre di questo soggetto.

Ben maggiore rilevanza genealogica assume, invece, il testamento: atto in cui molto spesso esistono precisi riferimenti a tre, a volte, quattro successive generazioni.

Nel periodo compreso tra i decenni centrali del Cinquecento e la fine del Settecento furono sviluppate in Italia tre diverse strategie di conservazione dei documenti notarili. La prima consistette nell’istituzione di grandi archivi di concentrazione creati nelle piccole realtà statuali dell’Italia settentrionale (Lucca, Siena e Firenze, Genova, Venezia, Padova) destinate a raccogliere tutto il materiale di natura privata prodotto dai notai. La seconda, attuata in particolare nello Stato pontificio, portò alla creazione di strutture di conservazione praticamente in ogni comunità. La terza strategia, infine, in linea con il modello francese ed attuata in particolare nel Regno di Sardegna e nel Regno delle Due Sicilie fu incentrata sugli studi notarili e quindi sul passaggio degli atti di notaio in notaio.

In Età napoleonica il notariato e gli archivi notarili nella penisola italiana furono riorganizzati con l’introduzione della normativa francese: con la legge del 25 ventoso dell’anno XI (16 marzo 1803) e con il regolamento sul notariato nel Regno d’Italia napoleonico del 16 giugno 1806.

Alla frammentazione normativa preunitaria pose fine, nel 1875, la prima legge italiana sull’ordinamento del notariato del 25 luglio 1875, ispirata sostanzialmente, anche per quel che concerne il profilo formativo professionale, alla legislazione preunitaria. A questa legge sarebbe seguita, nel 1879, una legge di modifica e, quindi, un Testo Unico di raccolta destinato ad essere vigente fino alla legge del 1913.

Con il Testo Unico del 25 maggio 1879, n. 4900, gli Uffici di insinuazione (oggi Uffici del registro) furono obbligati a consegnare gli atti notarili all’archivio notarile del rispettivo distretto. Esso prevedeva anche la possibilità di archivi sussidiari in altre città del distretto. Questi archivi furono soppressi dall’art. 9 del R.D. 31 dicembre 1923, n. 3138 e fu permesso il loro funzionamento “soltanto per le operazioni attinenti agli atti, che già vi si trovano depositati”. Pertanto tali archivi al momento, ove esistano ancora, non ricevono più nuovi atti e conservano solo quelli posteriori al centennio.

In occasione della seconda legge notarile unitaria del 16 febbraio 1913, n. 89 il problema della conservazione dei protocolli notarili antichi fu riaffrontato e fu stabilito, con l’art. 96, che in ogni Comune sede di Tribunale fosse istituito un archivio notarile distrettuale. Fu anche data facoltà ai due ministeri implicati, dell’Interno e della Giustizia, di stipulare accordi per il deposito degli atti anteriori al cinquantennio negli Archivi di Stato. Quella che era stata una semplice facoltà divenne un obbligo con la legge del 22 dicembre 1939, n. 2006, che stabilì all’articolo 11 la riunione presso gli Archivi di Stato “degli atti notarili ricevuti dai notari che cessarono dall’esercizio professionale anteriormente al 1 gennaio 1800”.

Un altro significativo cambiamento si registrò con la legge 17 maggio 1952, n. 629, sul “Riordinamento degli archivi notarili”, che, ribadita la dipendenza degli archivi notarili dal Ministero di grazia e giustizia, stabiliva per la consegna dei protocolli agli archivi di Stato un termine non più fisso, cioè legato a una data precisa, ma mobile, consistente in un centennio. La stessa norma fu poi confermata dalla legge archivistica del 1963 (Dpr. 30 settembre 1963, n. 1409).

Gli atti notarili degli ultimi cento anni sono conservati negli Archivi Distrettuali Notarili le cui circoscrizioni coincidono con quelle dei distretti di Corte d’Appello.